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Eleonora Duse, la ragazzina che divenne una Diva

Eleonora Duse, la ragazzina che divenne una Diva

Indice dell'articolo

Quando si parla di grandi attori e grandi attrici, sia odierni che del passato, quasi ci si dimentica che questi divi sono delle persone esattamente come me e te.

Il loro essere idolatrati, ce li rende meno umani di quanto in realtà siano.

A mio avviso, oggi, questo processo di divinizzazione degli artisti è ancora più accentuato, nonostante i (o a causa dei?) social.

Sono infatti molteplici gli artisti e gli attori che decidono di condividere su Facebook o Instagram stralci della loro vita privata. E capita fin troppo spesso che vengano sommersi da feroci polemiche e critiche su quegli aspetti della loro vita che hanno deciso di condividere con i fan, semplicemente perché da loro ci si aspetta solo perfezione. E ogni minimo “errore” viene duramente condannato.

Ci si dovrebbe ricordare, un po’ più spesso, che i divi non sono qualcosa di finto. Non sono perfetti, sono umani. E possono sbagliare. Sono persone reali, respirano e parlano come noi. Ridono e piangono come noi.  E li si dovrebbe rispettare in quanto persone.

Per questo motivo penso che sarebbe giusto leggere la biografia degli artisti. Leggere la loro vita, sapere quali sono state le loro difficoltà e le loro vittorie prima di diventare famosi, è un modo per conoscerli meglio. Per apprezzarli. E soprattutto, per rispettarli.

È con questa riflessione che nasce l’articolo che stai per leggere.

Ho scelto quindi di iniziare dalla “divina” Eleonora Duse, una delle più grandi attrici del Teatro Italiano.

La scelta è caduta su lei perché probabilmente è il primissimo caso di Diva made in Italy, famosa e idolatrata in tutto il mondo. E perché è davvero interessante conoscere la persona che si cela dietro il mito.

 

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La Duse quando ancora non era la Duse

Ho letto la biografia di Eleonora Duse curata da E.A. Rhenhardt e pubblicata qualche anno dopo la morte della diva, nel 1928.

L’autore viennese mi ha fatto scoprire una Duse inedita, dalla vita complicata, piena di problemi e di vicissitudini. Una vita ricca di sfide, ma anche di gioie e di grandi soddisfazioni.

Leggere il suo “Eleonora Duse” mi ha permesso di conoscere la vita intensa di una donna davvero all’avanguardia, sempre proiettata verso il futuro. Mi ha fatto conoscere però anche una Duse fragile, emotiva. Una Duse timida e sconosciuta, ma che è fondamentale per provare a capire la Duse che tutti noi conosciamo.

Se ti interessa approfondire, ti consiglio vivamente di leggerlo. Qui sotto ti lascio il link ad amazon.

 

La Famiglia & Compagnia Duse

Eleonora Duse
Eleonora Duse, di Aimé Dupont – Aimé Dupont (1842-1900), Pubblico dominio, Collegamento

Prima di parlare propriamente di Eleonora Duse, è davvero importante accennare a colui che ha permesso alla famiglia Duse di essere una famiglia di commedianti: il nonno Luigi Duse.

Con la nostra speciale e fantasiosa macchina del tempo, facciamo quindi un bel salto indietro fino alla Chioggia dell’Ottocento.

In una delle viuzze di questo piccolo comune italiano nasce Luigi Duse. Il primo della famiglia a non intraprendere il mestiere del mercante e quindi a non viaggiare per mare. Il padre lo aveva infatti indirizzato verso gli studi impiegatizi, per donargli una vita agiata e tranquilla. Luigi però covava dentro di sé un animo fortemente artista, così quando si trasferì a Padova per lavoro, iniziò a calcare le assi del palcoscenico per divertimento, assieme ad un gruppo di amici.

Il suo talento fu tale che ben presto si convinse ad abbandonare il lavoro da impiegato per intraprendere la mirabolante professione del commediante. Costituì così una compagnia teatrale, la Compagnia Duse appunto, che conobbe presto un rapido successo.

Luigi Duse e la sua compagnia venivano scritturati dai migliori teatri italiani dell’epoca e il capocomico si portava appresso i tanti figli, insegnando loro il mestiere d’attore.

Niente e nessuno sembrava poter fermare l’ascesa di Luigi e della sua compagnia, ma l’idillio ebbe però vita breve. Sulla compagnia Duse cadde la scure della censura politica, in seguito ad una denuncia. E così la maggior parte dei teatri chiusero le porte alla compagnia, che ben presto si trovò in difficoltà, soprattutto dopo la prematura morte di Luigi.

A differenza di lui, i suoi figli non erano dotati del suo stesso talento. Conoscevano il mestiere d’attore, ma non avevano la stessa capacità istrionica del padre e portarono avanti il lavoro della compagnia senza passione.

La Compagnia Duse iniziò quindi a girare l’Italia con inerzia, senza mai avere grandi successi di pubblico. E fu in uno di questi viaggi, a Vigevano che Alessandro Duse e la moglie Angelica Cappeletto diedero alla luce Eleonora, il 3 ottobre 1858.

 

La piccola Eleonora attrice

Crescere in una famiglia di commedianti girovaghi, significava per Eleonora non avere un luogo fisso da chiamare casa. E significava anche non riuscire a fare delle amicizie con altri bambini della sua età. Certo, mai le mancò il dolce affetto dei genitori e degli zii, che amorevolmente la chiamavano Nora. Ma le capitava, in certe giornate uggiose, di sentirsi terribilmente sola.  La sua non fu un’infanzia gioiosa, in mezzo ad altri bambini. Fu un’infanzia passata soprattutto in mezzo agli adulti, in mezzo agli attori e immersa nel Teatro.

E il teatro, infatti, ben presto la reclamò.

Aveva solo 4 anni quando calcò le assi del palcoscenico per la prima volta. Lo zio, nella città di Zara, la volle sul palco ad interpretare  la piccola Cosette nella trasposizione teatrale del capolavoro letterario “I Miserabili” di Victor Hugo.

Si racconta che, quando lo zio le disse che avrebbe dovuto piangere in scena perché è quel che gli spettatori vogliono da lei, la piccola Nora si chiese con orrore come quella gente possa trovar piacere nel veder piangere una bimba.

In effetti, i primissimi anni in cui la Duse ha recitato nella compagnia di famiglia, per lei fare l’attrice era soprattutto un obbligo. Qualcosa che doveva fare. Non che non le piacesse, ma la vita in una compagnia di commedianti girovaghi è comunque una vita molto difficile. Inoltre non era una compagnia che collezionava successi, tutt’altro. E questo significava una cosa sola: povertà e fame.

A peggiorare la situazione, dal punto di vista strettamente personale della giovanissima Eleonora, era la salute cagionevole della adorata madre, di cui lei si prendeva sempre cura.

Probabilmente affetta da una qualche malattia polmonare non meglio identificata, la madre di Nora seguiva comunque la compagnia di famiglia, senza mai lamentarsi. Ma ad ogni colpo di tosse la donna sembrava star sempre peggio, fino a quando non avvenne l’inevitabile.

Eleonora Duse era in scena, quando la avvisarono della morte della mamma. Aveva solo tredici anni. Ma Eleonora, come ogni artista che si rispetti, non si perdette d’animo e continuò a recitare, fino alla fine dello spettacolo. E solo dopo, a sipario chiuso, si lasciò andare ad un pianto sconsolato.

 

La Scintilla

Eleonora recitava più per necessità, che per passione. Almeno i primi anni della sua carriera attoriale.

Certo, sebbene fosse ancora un’attrice piuttosto acerba, Nora racconta che anche da ragazzina si sentiva addosso il personaggio interpretato pure a sipario chiuso, quando magari con gli altri attori andava in qualche locanda a bersi qualcosa.

Ma ancora in lei non si era accesa la scintilla.

Fu a Verona che si accese l’Amore per la Scena.

Eleonora aveva quattordici anni e portava in scena, con la compagnia Duse, “Romeo e Giulietta” di William Shakespeare.

Come sia avvenuto questo prodigio, lascio che sia Nora a spiegarvelo.

“… Mi stringevo contro il cuore il quaderno dover avevo trascritta di mio pugno la parte di Giulietta; e ripetevo in me le parole del primo apparire ‘Chi mi chiama? Eccomi. Qual è la volontà vostra?’. La mia immaginazione era sconvolta da una strana congiuntura: compivo quel giorno quattordici anni, l’età di Giulietta! Il cinguettio della nutrice mi risonava negli orecchi; e a poco a poco il mio destino si confondeva con quello della veronese…”

È perciò con lo spettacolo di “Romeo e Giulietta”, proprio nella città di Verona, che Eleonora iniziò a intuire quella che era la sua missione: il Teatro.  Anche stavolta, lascio che siano le parole della Duse a spiegarci quel che lei sentiva dentro di sé, nel profondo dell’anima.

“Una domenica di maggio, nell’immensa Arena, nell’anfiteatro antico, sotto il cielo aperto dinanzi a una moltitudine di popolani che avevano respirato nella leggenda di amore e di morte, io fui Giulietta. Nessun fremito delle platee più vibranti, nessun clamore, nessun trionfo valse mai per me l’ebrezza e la pienezza di quella grande ora. Veramente, quando udii Romeo dire ‘Ah, ella insegna alle torce ardere…’, veramente io mi accesi, mi feci di fiamma…”

 

Oltre la Compagnia Duse: l’inizio della gavetta

Passò appena un anno dalla messinscena di “Romeo e Giulietta” a Verona e la Compagnia Duse si sciolse. Era il 1873 circa e Eleonora aveva solo quindici anni. Così giovane e inesperta del mondo, iniziò la sua gavetta d’attrice al di fuori dei confini sicuri e amorevoli della compagnia di famiglia.

Adesso Eleonora doveva camminare da sola, sulle sue gambe. E sebbene fosse intimidita e spaventata si buttò in questa avventura, consapevole che la sua alta missione poteva essere soltanto il Teatro.

Ma furono anni davvero difficile per la Duse adolescente.

La sua primissima esperienza teatrale, dopo la Compagnia di famiglia, fu quella fatta all’interno della Compagnia Benincasa. Una compagnia che, in quanto a successi e fortune, assomigliava fin troppo alla Compagnia Duse.

 

La compagnia Luigi Pezzana

Poi, nel 1875 Nora passò  alla Compagnia Luigi Pezzana. Si trattò di un’occasione molto importante per lei, perché questa compagnia fu la prima in cui ha lavorato ad avere una struttura da impresa drammatica ben organizzata.

Questo significava per Eleonora avere la possibilità di esibirsi nelle città italiane più grandi e nei più importanti teatri. Per questo motivo entrò a far parte della compagnia con tanta speranza nel cuore di riuscire a far teatro vero per la prima volta.

Ma le cose non andarono esattamente come se le era immaginate. Continuava a soffrire la fame, malgrado tutto il suo impegno. Inoltre, sia il capocomico Luigi Pezzana che gli altri componenti della compagnia non apprezzavano quella ragazzina così pallida e bruttina.

 

Eleonora Duse Mirandolina
Eleonora Duse nei panni di Mirandolina, ne “La Locandiera” di Carlo Goldoni. Di Atelier Audouard, Barcelona – Atelier Audouard, Barcelona, reproductionUploaded by Hendrike 16:53, 30 July 2007 (UTC), Pubblico dominio, Collegamento

In effetti la Duse aveva un modo di recitare completamente diverso da quello convenzionale dell’epoca.

Nella compagnia di Luigi Pezzana si recitava in maniera esagerata, le battute venivano declamate più che recitate. Si facevano grandi gesti plateali. Era un modo di recitare che si trovava agli antipodi della concezione di recitazione che Eleonora cercava di portare avanti. Lei recitava con la mente e con il cuore e tendeva ad una recitazione genuina e autentica, per niente esagerata.

Il suo era perciò un modo di recitare che non veniva capito dai suoi colleghi e quindi veniva disprezzato. E, si dice, che lo stesso Pezzana trovasse ogni occasione buona per umiliare la povera Nora e farla sentire fuori posto.

Ma Eleonora subiva tutte queste umiliazioni in silenzio. Era poverissima e completamente sola. La compagnia di Luigi Pezzana era per lei l’unica fonte di sostentamento e doveva per forza tacere.

Ma un giorno, durante le prove di un dramma in cui aveva la parte della “seconda donna” avvenne l’inevitabile litigio. Eleonora, che è sempre stata una persona orgogliosa, non resistette all’ennesima umiliazione da parte del Pezzana e gli rispose per le rime. Scoppiò quindi una brutta lite, nel bel mezzo delle prove.

Si narra che, mentre Eleonora recitava sul palco, il capocomico la interruppe sgridandola e rimproverandole che quella battuta la pronunciava in modo sbagliato. E lei per la prima volta si ribellò rispondendogli che non le piaceva per niente pronunciare la battuta come il capocomico voleva.

Il Pezzana, furibondo per così tanta ribellione le gridò, di fronte a tutti gli altri attori “Ma perché seguitate a fare l’artista! Non capite che non è pane per i vostri denti! Cambiate mestiere!“.

Eleonora non gli rispose stavolta, mandando giù il boccone amaro, perché sapeva bene che rispondergli sarebbe significato un licenziamento improvviso. E non poteva certo permetterselo. Ma non appena le fu possibile, se ne andò dalla compagnia.

 

L’Incontro con Giovanni Emanuel e Giacinta Pezzana

Abbandonò la compagnia di Luigi Pezzana intorno al 1878, lavorando dapprima nella Compagnia di Enrico Belli Blanes e Francesco Ciotti come “attrice giovane” quindi, non riuscendo a guadagnare abbastanza, fece le valigie e si trasferì a Trieste qualche mese più tardi.

Qui venne scritturata nella Compagnia Adolfo Drago come “seconda donna”. Il debutto non fu dei migliori. Nora non piacque al pubblico triestino e il capocomico non le perdonò l’errore. Tornò a vivere la stessa situazione che aveva già patito nella compagnia Luigi Pezzana. Tuttavia fu proprio grazie al lavoro con la compagnia Drago che iniziò la difficile e tortuosa ascesa di Eleonora.

Fu una casualità che portò Eleonora Duse ad esibirsi al posto della “prima donna”, improvvisamente indisposta. Quella sera la compagnia Drago portava in scena a Napoli un’opera teatrale di Augier, “Fourchambault“.

Il caso volle che tra il pubblico ci fosse anche un attore, Giovanni Emanuel, uno degli artisti più conosciuti all’epoca. Eleonora recitò come al suo solito, portando avanti quel tipo di recitazione particolare e anticonvenzionale.

Come è facile intuire, non piacque molto, era troppo insolita.

Ma Giovanni Emanuel la notò. E ne rimase colpito.

In quegli anni Emanuel era infatti alla ricerca di qualcosa di nuovo, che svecchiasse il modo di fare teatro tipicamente italiano. E quella ragazzina mora, pallida e magrolina sembrava rispondere alle sue esigenze, con quella sua recitazione sgraziata, acerba, ma sicuramente passionale.

Qualche tempo dopo, con l’aiuto della Principessa Santabuono, mecenate del teatro napoletano, riuscì a formare una nuova compagnia per il Teatro dei Fiorentini di Napoli, assieme alla grande interprete Giacinta Pezzana.

E scritturò anche quella strana ragazzina di nome Eleonora Duse.

 

L’esperienza al Teatro dei Fiorentini di Napoli

Il Teatro dei Fiorentini di Napoli rappresentava la maggior scena di prosa della città partenopea. Fu quindi un’occasione ghiotta per Eleonora entrare a far parte di questa nuova compagnia d’attori, appena formatasi.

La nostra attrice aveva compiuto da poco vent’anni. Sebbene fosse ancora giovane, aveva già conosciuto cosa significava l’umiliazione e cosa si prova a sentirsi completamente soli.

Fino a quel momento le sue giornate erano solo un alternarsi di prove e di studio della parte. Con la pressante preoccupazione di riuscire a portare a casa qualcosa da mangiare. La sua era infatti un’esistenza povera, arricchita solamente da quel suo grandissimo e sincero amore per il Teatro. La sua missione, che la faceva andare avanti, caparbiamente, nonostante le innumerevoli difficoltà.

Ma nella compagnia gestita da Giovanne Emanuel e Giacinta Pezzana, per la prima volta dopo tanti anni, trovò un clima confortevole.

Qui nessuno la rimproverava e la umiliava per quel suo strano modo di pronunciare le battute. Qui, la sua diversità veniva apprezzata.

E soprattutto, veniva guidata.

Emanuel, e ancor di più Giacinta Pezzana, seppero capire il suo modo di recitare e la “educarono” affinché non fosse solo impulsività sgraziata.

Giovanni Emanuel aveva fiducia in quella ragazzina strana, dalla recitazione inconsueta. Durante le prove la correggeva, perché sebbene apprezzasse la sua passionalità, Eleonora era ancora lontana dall’idea di recitazione aggraziata che lui aveva in mente.

Ma Emanuel aveva anche intuito che era necessario svecchiare il modo di fare teatro tipicamente italiano. E in cuor suo sapeva che Eleonora Duse era la risposta giusta. Per questo motivo la lasciava libera di esprimersi.

 

L’anticonvenzionalità di Eleonora Duse non si esprimeva solamente nel suo diverso modo di recitare. Anche la scelta dei costumi di scena era indicatore del suo differente modo di concepire il teatro.

Si racconta che a Napoli, per la messinscena dell’ “Oreste” di Alfieri, Eleonora abbia interpretato Elettra. Durante la scelta degli abiti di scena, mentre i compagni scelsero costumi dal modello classico barocco, Nora scelse un abito che fosse il più semplice possibile, una veste dal panneggiamento di linee pure. Un costume di scena semplice, lontano anni luce dalla pomposità degli abiti di scena che solitamente si vedevano indossare agli attori, in quegli anni.

Nella compagnia di Emanuel e Pezzana trovò quindi degli amici. E in Giacinta Pezzana trovò anche una Maestra, i cui preziosi consigli venivano sempre ascoltati e seguiti dall’Eleonora ventenne.

 

Il primo grande successo di Eleonora

Giacinta Pezzana, esattamente come il collega Emanuel, apprezzava la Duse e quel suo modo differente di concepire la recitazione e il teatro. E proprio per questo motivo, aveva nei confronti della ragazza un atteggiamento quasi materno.

Eleonora Duse, diversi anni più tardi, ricorda infatti come la Pezzana avesse cura di difenderla dalle malelingue e dall’invidia. Allo stesso tempo, cercava sempre di consigliare Eleonora, dandole utili e preziose dritte su aspetti propriamente tecnici, che fino a quel momento nessuno le aveva mai dato.

E tutti questi consigli e insegnamenti presto dettero i loro frutti.

Nel 1879, la compagnia del Teatro dei Fiorentini mise in scena la “Teresa Raquin” di Zola.

Sebbene durante le prove, come era solita fare, Eleonora non dette il massimo, una volta in scena di fronte al pubblico la ragazza sbalordì tutti, attori e spettatori. Sul palco sparì ogni timidezza e recitò con così tanto trasporto, da riuscire a coinvolgere anche la Pezzana e gli altri compagni di scena.

Fu un grande successo.

Durante i saluti finali, gli spettatori applaudirono come impazziti quella ragazzina.

Ma Eleonora, come confesserà più tardi, non si rese subito conto di quanto avesse ben recitato quella sera. Sentiva ancora addosso il personaggio appena recitato ed era come stordita. Solo dopo, quando anche la Pezzana le disse quanto era stata brava, fu davvero consapevole di aver creato, per la prima volta in tanti anni, una vera parte.

 

Il periodo con Cesare Rossi

Purtroppo la compagnia di Emanuel e Pezzana durò, per contratto, il tempo di una singola stagione al Teatro dei Fiorentini di Napoli. Ma fu un periodo particolarmente intenso per Eleonora, sia dal punto di vista strettamente artistico, sia da quello più personale. Fu infatti in quei mesi che strinse le amicizie più vere e durature, come quella con la poeta Matilde Serao.

E fu in quei mesi che conobbe per la prima volta l’amore.

La nostra Duse ventenne infatti in quei mesi fece la conoscenza e si innamorò perdutamente di un giovane giornalista e intellettuale napoletano, Martino Cafiero. Lei, ingenuamente, pensò che quello fosse Vero Amore. Così, quando la stagione al Teatro dei Fiorentini era ormai agli sgoccioli e la Pezzana la fece scritturare con sé nella compagnia torinese di Cesare Rossi, Eleonora sarebbe stata pronta ad abbandonare le scene ad un solo cenno dell’uomo che amava così appassionatamente.

Cenno che, fortunatamente per noi, non arrivò mai.

E così ebbe inizio l’esperienza di Eleonora all’interno della Compagnia di Cesare Rossi. Un’esperienza importantissima, perché è proprio all’interno di questa compagnia che capì perfettamente quale era per lei la strada da intraprendere per fare teatro nel migliore dei modi.

 

Eleonora Duse
Eleonora Duse con Matilde Serao, Francesco Paolo e Tristan Bernard, nel 1897. Di Giuseppe Primoli – Zeno.org, ID number 20001890530, Pubblico dominio, Collegamento

 

I primi mesi a Torino

Arrivò così il giorno, per Eleonora, di abbandonare Napoli. Una città che le fu cara e che fu per lei quasi una casa. Partì alla volta di Torino, assieme a Giacinta Pezzana, l’unica persona amica in una città a lei straniera e che odiava già solo per il fatto che la costrinse ad abbandonare l’uomo che amava.

I primi mesi all’interno della Compagnia Cesare Rossi, nonostante la costante presenza amica di Giacinta, furono comunque tormentati e infelici. Si sentiva sola e anche dal punto di vista strettamente lavorativo le cose non andavano bene.

Cesare Rossi, poiché Nora aveva dato prova di possedere grandi doti recitative a Napoli, le affidò parti di notevole importanza.

Ma il pubblico torinese le era ostile.  Si trattava infatti di un pubblico ancora affezionato ad un tipo di recitazione convenzionale e pomposo e non poteva capire la forza innovatrice della sua recitazione.

 

La gravidanza

La situazione si aggravò notevolmente, quando scoprì di essere incinta di Cafiero. Cercò quindi di incontrare di nuovo l’amato, che fino a quel momento era sempre stato piuttosto freddo e scostante nelle lettere che le aveva scritto.

Decisero di incontrarsi a metà strada, a Roma. Eleonora lo aspettò per una notte intera, ma del giornalista neanche l’ombra. Terribilmente disperata e triste, Eleonora racconterà qualche anno più tardi che l’idea del suicidio le sfiorò la mente. E che fu solo la vista dell’insegna del Teatro Valle a farla desistere.

Recitare fu così per lei una salvezza.

Tornò a Torino e recitò fino a quando la gravidanza le concesse di farlo. Poi, abbandonò momentaneamente le scene per trasferirsi a Marina di Pisa e partorire. Ma la vita doveva riservarle ancora un altro duro colpo. Il piccolo morì poco dopo, lasciandole addosso una tristezza senza fine.

Seppellì da sola il corpicino e poi partì nuovamente per Torino.

Il Teatro avrebbe saputo curare il suo dolore.

 

Eleonora diventa “prima donna”

Tornata a Torino, Eleonora si buttò a capofitto nel lavoro. Cesare Rossi continuava ad affidarle parti importanti, sebbene gli spettatori torinesi si rivelavano essere sempre insoddisfatti di lei.

Ma Rossi, come Giacinta Pezzana e Giovanni Emanuel prima di lui, aveva intuito che Eleonora era talentuosa. Aveva intuito la sua grandezza, anche se probabilmente non la capì mai bene fino in fondo.

Per questo motivo, durante le prove, gli scontri tra Eleonora e il vecchio Rossi erano quasi all’ordine del giorno. Ma nonostante questo, il capocomico non si sognò mai di mandare via la giovane interprete e con lei fu particolarmente indulgente e paziente.

Giacinta Pezzana, poiché la compagnia Cesare Rossi stentava a decollare, decise di andarsene e lasciò vacante il ruolo da “prima donna”. Ruolo che il vecchio Rossi decise, saggiamente, di affidare proprio alla Duse.

Nora, qualche anno più tardi, racconterà che quando il capocomico le fece quella proposta insperata si sentì tremare le ginocchia e, senza accorgersene, scoppiò a piangere, ringraziando il Rossi di così tanta fiducia.

 

La relazione con Tebaldo Checchi

Fiducia che lei non volle mai tradire, impegnandosi sempre al massimo.

Impegno che, almeno inizialmente, non riuscì a dare i suoi frutti. Il pubblico rimaneva scontento delle performance di Nora e arrivò anche a disertare alcune messinscene, se vedeva scritto nel cartellone il nome di Eleonora Duse.

Inevitabilmente, all’interno della compagnia l’atmosfera si faceva sempre più difficile e pesante. Cesare Rossi, all’indomani di ogni messinscena andata male, era sempre più di cattivo umore e non aveva idea di quale opera teatrale scegliere, per andare incontro ai gusti degli spettatori.

La tensione era altissima e i litigi tra il capocomico e la “prima donna” divennero sempre più frequenti e intensi.

Eleonora poi, anche dal punto di vista della salute, non se la passava affatto bene. Proprio in quegli anni i suoi polmoni divennero particolarmente cagionevoli. Senza la Pezzana vicino si sentiva terribilmente sola. Inoltre la recente delusione d’amore e la morte prematura del piccolo erano ancora una ferita aperta, che sanguinava.

Per la prima e unica volta nella sua vita, pensò di abbandonare il Teatro.

Ma dobbiamo ringraziare un attore della compagnia Cesare Rossi se Eleonora non gettò mai la spugna, Tebaldo Checchi.

Tebaldo, a poco a poco, riuscì a vincere la ritrosia di Eleonora, tanto che lei iniziò a confidarsi con lui.

E fu proprio grazie a lui, che alla fine decise di non abbandonare la recitazione. Tebaldo Checchi seppe ascoltarla e darle forza, facendole trovare nuovamente fiducia in se stessa.

Eleonora tornò a recitare con maggior entusiasmo, senza lasciarsi abbattere dal risentimento del pubblico, cercando sempre di migliorarsi. Cercando di fare ciò che le veniva chiesto. Cercò di recitare come il pubblico le chiedeva.

Inutile dirvi che da questa tenera amicizia tra Nora e Tebaldo nacque l’amore e che i due convolarono a nozze, nel 1881.

 

L’Incontro con Sarah Bernhardt

Nonostante il grande impegno di Eleonora e di tutti i componenti della Compagnia di Cesare Rossi, al teatro di Torino gli incassi continuavano a calare replica dopo replica. Il morale del capocomico e dei suoi attori era a terra. Cesare Rossi non aveva più la benché minima idea di cosa fare per tirare su le sorti della sua compagnia.

Il contratto con il Teatro Carignano legava la compagnia a Torino, ma era chiaro a tutti che sarebbe stato necessario far un tentativo diverso e provare a cercar altri pubblici, in altre città.

La situazione era davvero difficile da gestire, ma ben presto arrivò un aiuto inaspettato da parte di Sarah Bernhardt.

Sarah Bernhardt
Sarah Bernhardt. Di NadarThe Getty Center, Object 45995This image was taken from the Getty Research Institute‘s Open Content Program, which states the following regarding their assessment that no known copyright restrictions exist:Open content images are digital surrogates of works of art that are in the Getty’s collections and in the public domain, for which we hold all rights, or for which we are not aware of any rights restrictions.While the Getty Research Institute cannot make an absolute statement on the copyright status of a given image, “Open content images can be used for any purpose without first seeking permission from the Getty.”More information can be found at http://www.getty.edu/about/opencontent.html., Pubblico dominio, Collegamento

Sarah Bernhardt era una delle più celebri attrici teatrali del tempo.

Una sorta di Meryl Streep dell’epoca, per intendersi. Era una vera diva, acclamata e amata da pubblico e critica.

Sarah Bernhardt decise di fare una serie di recite a Torino e la compagnia di Cesare Rossi doveva occuparsi di offrirle ospitalità nel teatro.

Ci sono diverse testimonianze circa Sarah e la sua influenza sugli attori della compagnia di Cesare Rossi. Il suo arrivo in teatro fu una vera e propria boccata d’aria fresca. Fece rinascere e rinnovare in quegli attori disillusi la voglia di fare teatro. Fu un vero e proprio toccasana.

Il conte Giuseppe Primoli, un caro amico di Eleonora Duse, ci racconta il giorno dell’arrivo di Sarah Bernhardt al teatro e come la grande attrice rappresentò un grandissimo cambiamento:

“D’un tratto tutto è sossopra, tutto si rinnova, ogni pensiero è rivolto ad accogliere degnamente l’artista prediletta dagli Dei. Il modesto camerino della piccola Duse è trasformato in un boudoir che ha pretese di eleganza. E per otto giorni non finisce la processione dei bagagli dall’albergo al teatro. Prima della grande Dominatrice, arriva il suo serraglio: i cani, le scimmie, i pappagalli tutte le bestie portate dai suoi viaggi la seguono durante la torunée. Si può immaginare come rimangano esterrefatti i piccoli commedianti italiani all’arrivo di tante esotiche meraviglie.”

Ed Eleonora Duse non fece eccezione. Quello fu per lei la prima volta in cui si rese davvero conto che cosa fosse la gloria. La vera gloria.

E ciò che la inorgoglì ancora di più fu che un tale grande successo fu raggiunto da una donna. Eleonora riconobbe in Sarah una donna di potere e fu qualcosa che la affascinò tantissimo.

È ancora il conte Primoli a raccontarci dell’effetto che Sarah fece su Eleonora.

“I palchi costano cento lire, una somma inaudita per Torino, dove solitamente si pagava un palco di proscenio cinque lire. Eleonora Duse assistette a tutte le rappresentazioni e con quale interesse! Come tutti gli altri, ben più che tutti gli altri, fu affascinata dal talento di Sarah e fu sedotta dalla sua grazia. Applaudiva fino ad esserne stanca e partecipava, tutta vibrando, a quelle serate come se recitasse lei stessa.”

Ma forse, ancora una volta, è bene sentire da Eleonora stessa quali furono le sensazioni e le emozioni  suscitate in lei dall’incontro con questa grandissima diva!

” […] Ora è qui, recita, trionfa, prende possesso di noi tutti, e se ne parte… Ma, come una grande nave, lascia una scia dietro di sé… e per un pezzo ancora, nel vecchio teatro rimane l’atmosfera che questa vi ha recato. Una donna era riuscita a tutto questo! Indirettamente mi sentii liberata anch’io. Sentii di avere diritto di far ciò che mi sembrava il meglio, cioè diversamente da quello che mi costringevano a fare. In realtà in quel momento mi lasciarono in pace. […]”

 

Nuova parola d’ordine: Osare!

Come si intuisce da queste parole, Eleonora assistendo alle messinscene di Sarah Bernhardt, prese coraggio.

Vedere la grande Sarah recitare sulle stesse assi del palcoscenico dove lei aveva recitato tante sere, senza successo, le fece capire che era arrivato il momento di cambiare strategia. Eleonora, se voleva avere successo come attrice, doveva recitare a modo suo. Doveva osare. Sentiva che era sbagliato provare ad assecondare i gusti degli spettatori, snaturando il suo modo di recitare. Nora capì che, per avere successo, doveva essere se stessa.

La grandissima ammirazione per la diva le fece prendere coscienza di sé. Del suo valore. E già all’indomani della partenza di Sarah Bernhardt, Eleonora cambiò  atteggiamento nei confronti del suo lavoro.

Ancora una volta è il conte Primoli a raccontarci un rapido scambio di battute tra Nora e Cesare Rossi, che ben ci fanno intuire come l’incontro con Sarah l’abbia trasformata:

” […] il prudente Cesare Rossi, preoccupato degli ancora ardenti ricordi, voleva rappresentare un vecchio dramma di Gherardi del Testa, ‘Il regno di Adelaide’. La Duse si ribellò: ‘Se volete che reciti domani’ dichiarò energicamente ‘reciterò soltanto ‘La principessa di Bagdad’! ‘ ‘Ma non ci pensate neppure! Dopo la Sarah Bernhardt!’ ‘Appunto! Anzitutto questa non ha recitato ‘La principessa’ e poi mi importa di valermi della corrente di simpatia che si è ristabilita fra il palcoscenico e gli spettatori.’ ‘Ma…’ ‘Se non volete che reciti ‘La principessa’… ‘ ‘Che è stata fischiata a Parigi…’ ‘Ragion di più… Allora io vi lascio…’ ‘E dove volete andare?’ ‘Chi lo sa…’ . E di fatto recitò ‘La principessa di Bagdad’. “

 

Il Trionfo

Fortunatamente il vecchio Rossi decise di assecondare la sua “prima donna” e il successo della messinscena di “La principessa di Bagdad” di Dumas Figlio fu un grande successo. Quegli stessi spettatori, che prima erano stati così profondamente ostili nei confronti di Eleonora, al momento dei saluti si prodigarono in ovazioni e applausi entusiasti tutti per lei.

Per Nora fu un vero e proprio trionfo, inaspettato e improvviso. Cesare Rossi fu entusiasta e si racconta che, raggiante, non faceva altro che ripetere dietro le quinte “L’ho sempre detto, bisogna lasciarla fare quello che vuole“. La Duse, inoltre, addirittura ricevette i complimenti per la sua perfomance da Dumas Figlio in persona.

Questo grande successo, sebbene insperato, fu comunque ricercato davvero a lungo e convinse Eleonora che quella era la strada giusta. Così doveva agire.

Eleonora capì che per far valere la sua diversità, doveva recitare opere teatrali poco frequentate, semi sconosciute. E dar loro nuova linfa vitale, attraverso il suo modo anticonvenzionale di recitare.

La Duse capì, ancora più chiaramente, che non doveva più assecondare il pubblico. Doveva sfidarlo e meravigliarlo.

E proprio con questo criterio, scelse il secondo titolo da portare in scena: “La moglie di Claudio“. Un’altra opera teatrale di Dumas Figlio che veniva rappresentata assai poco.

Cesare Rossi non ebbe alcuna obiezione a riguardo, ormai si fidava della sua “prima donna”. E decise di darle anche la responsabilità di gran parte della messinscena dello spettacolo stesso.

Fu un nuovo successo. Tutta la compagnia era entusiasta. Ormai il pubblico torinese acclamava a gran voce la Duse. Ma lei non fu del tutto soddisfatta. Certo, fu felice di questo rinnovato successo, ma lei voleva andare oltre. Voleva che il pubblico comprendesse appieno il significato del dramma. E che non amasse la Duse, in quanto Duse.

Voleva che in scena gli spettatori vedessero il personaggio, non l’attrice. E fu questa la sua nuova regola, per le messinscene successive.

 

La sfida di Roma.

Il contratto della compagnia di Cesare Rossi con il teatro Carmignano di Torino terminò dopo la messinscena di “La moglie di Claudio” e così si trasferì a Roma, nel 1882 circa.

Roma aveva fama di avere un pubblico molto difficile e scettico. Inoltre, Roma per la Duse rappresentava anche il bruttissimo ricordo di un amore finito male.

Sotto questo punto di vista, la Città Eterna era quindi una doppia sfida per lei.

Volle rappresentare anche qui “La moglie di Claudio”. Per Nora era una scelta obbligata, visto il suo nuovo modo di lavorare.

Cesare Rossi invece aveva paura e al contrario di lei non voleva osare. Ma dentro di sé il vecchio capocomico sapeva che doveva lasciarla fare e così acconsentì alla sua richiesta.

Al Teatro Valle di Roma la platea di “La moglie di Claudio” era praticamente quasi deserta. Ma i pochi spettatori presenti, quasi tutti studenti e giovanissimi, rimasero davvero entusiasti e si sbracciarono a batter le mani.

Il vecchio Rossi tuttavia si spaventò e, senza dir nulla alla sua “prima donna”, si affrettò a togliere dai cartelloni l’annuncio di una nuova replica di “La moglie di Claudio”.

Naturalmente, come Eleonora lo venne a sapere, andò su tutte le furie e si precipitò dal capocomico.

Si batté affinché il Rossi cambiasse idea. E lui, sempre così paziente e indulgente con Eleonora, alla fine cedette.

Intanto il passaparola e gli articoli dei critici sui giornali dettero i suoi frutti. Alla replica successiva il pubblico accorse numeroso. Certo, gli spettatori più anziani o più affezionati a un modo di recitare convenzionale e plateale non riuscirono a capire l’enorme innovazione portata da Eleonora.

Ma quella fetta di pubblico più giovane e più aperta alle novità subito capì il valore di Eleonora.

E apprezzò davvero quel modo di recitare così genuino e autentico.

Una testimonianza del nuovo modo di recitare di Eleonora ci viene da un giovane commediografo, Camillo Antona Traversi, che riguardo al modo di recitare di Eleonora, disse:

“[…] Sul palcoscenico del ‘Valle’, ogni sera, piangeva, soffriva, amava, delirava una creatura umana. La solita finzione scenica aveva ceduto il posto alla verità. Il gesto non era più convenzionale, ma spontaneo… […]”

 

L’Inizio del Successo.

Le repliche a Roma si susseguirono e a ogni replica fu un successo.

Ora il nome della Duse non era più un nome strano e sconosciuto. Ma passava di bocca in bocca.

Eleonora Duse iniziava ad essere conosciuta. E il suo valore d’attrice ad essere riconosciuto.

In parole povere, Eleonora Duse iniziava ad essere famosa. Ed ebbe un primo assaggio della gloria che a breve la inonderà!

Ma con l’umiltà di una vera artista, Eleonora sapeva che aveva ancora tanto da imparare. E così le sue giornate a Roma furono un turbinio. Recitava, andava in scena e studiava, leggeva, imparava.

 

La fiaccolata

Ma forse, ancora, Eleonora non era davvero consapevole di tutto il suo successo.

Però, in quei giorni frenetici, le capitò un fatto che le fece capire quanto stava diventando famosa.

Eleonora Duse era appena andata in scena, con l’ultima replica della stagione. Il successo fu tale, che il pubblico la applaudì a più non posso. Anche i colleghi la riempirono di complimenti e tutta la compagnia fu entusiasta di lei.

Ma gli spettatori romani rimasero davvero molto colpiti da Eleonora. E così le organizzarono un omaggio che, sicuramente, farebbe arrossire anche l’attore più navigato.

Un omaggio che vi lascio raccontare da uno dei suoi primissimi fan, il commediografo Camillo Antona Traversi.

“Profittando dell’entusiasmo generale che l’Attrice aveva destato nel pubblico romano, alcuni ammiratori […] vollero, l’ultima sera, portarla addirittura in trionfo, e accompagnarla, a fuochi di ‘bengala’, dal teatro a casa.

Eleonora Duse, ben inteso […] ignorava che cosa l’aspettasse al di fuori.

Sparsasi, in un baleno, fra gli spettatori la notizia della ‘fiaccolata’, nessuno mancò all’appuntamento. In un batter d’occhio, la strada si riempì di gente; dinanzi alla porticina di servizio destinata agli attori, la folla era tale e tanta, che le vetture non potevano schiudersi il varco.

Quand’ecco Eleonora, accompagnata da Flavio Andò, primo attore della compagnia, uscire dalla porticina di servizio.

Un immenso applauso si levò da tutta quella folla. Mille voci gridarono a perdifiato: Viva la Duse! Viva la nostra Duse! La strada, come per incantesimo, rosseggiò di un vivo color di fuoco: da lontano, si sarebbe detto che il Valle fosse diventato preda delle fiamme…

Eleonora, bianca come un cencio, commossa fino al singhiozzo, agitando il fazzoletto che aveva in mano e salutando tutta quella folla, delirante d’entusiasmo, con parole tronche: ‘Grazie, grazie! È troppo, troppo… non merito tanto!’ si lasciò trascinare fino alla sua modesta dimora. Ivi giunta, gli applausi, gli evviva raddoppiarono.

Fu un momento indimenticabile. Molti piangevano di commozione. Vecchi e giovani, in uno slancio sincero, si erano affratellati per onorare quella che doveva, più tardi, affascinare con l’arte sua tutti i pubblici del mondo!”

Era il 1882.

Eleonora a 24 anni stava diventando la Diva che tutti noi conosciamo.

 

Cosa possiamo imparare dalla storia di Eleonora Duse?

Ho sempre trovato affascinante leggere la storia di come i grandi artisti hanno iniziato la loro carriera. Di come hanno affrontato le difficoltà che tutti noi incontriamo, di come sono riusciti a fare quello che hanno fatto.

Eleonora Duse
Eleonora Duse. Di sconosciutohttp://www.fembio.org/biographie.php/frau/biographie/eleonora-duse/, Pubblico dominio, Collegamento

Come vedremo nei prossimi articoli dedicati alle storie dei Grandi Attori e di come sono diventati tali, il successo della Duse è stato una combinazione di tenacia, talento e…un pizzico di fortuna.

La tenacia di continuare a recitare nonostante le difficoltà. Eleonora ne ha affrontate parecchie. A tutti noi è capitato di demoralizzarci per qualche provino andato male…ma pensate a Eleonora, alla povertà, alla fame, alle prese in giro, alla perdita del figlio…e a come nonostante tutto sia andata avanti con passione. Determinata.

Il talento, si può credere che uno ce l’ha o non ce l’ha. E in parte è vero. Ma non scordiamoci che Eleonora ha sempre continuato a migliorarsi, a studiare, a imparare dagli altri attori. Ha coltivato il suo talento. Lo ha messo in dubbio, permettendo a sé stessa di lavorare con umiltà per renderlo ancora più eccezionale.

La fortuna, certo, di un’inaspettata Sara Bernhardt che improvvisamente rivitalizza una situazione morente. Che scuote un pubblico vecchio e tradizionalista, aprendo la strada al nuovo modo di recitare di Eleonora. Ma la fortuna non serve a niente se non ci facciamo trovare pronti. Quando le cose non vanno come vorremmo, mentre ad altri vanno meglio, non nascondiamoci dietro ad un “è tutta fortuna“… Una buona occasione è del tutto inutile se non ti fai trovare pronto a sfruttarla.

 

Se sei arrivato fino a questo punto, vuol dire che ti sei appassionato davvero alla storia di Eleonora, per cui ti chiedo di condividere questo articolo con i tuoi amici per fare in modo che la sua vita sia di ispirazione a tanti attori e attrici italiane.

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