“Quella di oggi è una giornata storica per il settore dello spettacolo. Con il ministro del Lavoro Orlando abbiamo portato in Consiglio dei Ministri un pacchetto di misure significative per assicurare adeguate tutele assistenziali e previdenziali ai lavoratori dello spettacolo”.
Queste le parole del ministro per i Beni e le attività culturali Dario Franceschini del 20 maggio scorso, commentando il documento di proposta di riforma del settore elaborato dopo l’incontro con le associazioni di categoria.
I punti deboli della proposta di riforma del ministro Franceschini
Se ne è discusso sabato 18 settembre nella conferenza online organizzata proprio da queste associazioni, 29 in tutto, che hanno presentato il documento indirizzato alle istituzioni che è stato intitolato, per antitesi, “Nessuna giornata storica per lo spettacolo”.
Sono stati messi in luce, infatti, i punti deboli del documento ed è stato chiesto un cambio di rotta, pur ammettendo la difficoltà che comporta affrontare una realtà così complessa e variegata come quella dei lavoratori dello spettacolo, dove i contratti e le figure professionali comprendono autonomi con e senza partita Iva, dipendenti, collaboratori occasionali etc.
Tra le compagnie aderenti Facciamo la Conta, Aps Bauli in piazza, A2U-Attrici Attori Uniti, Osa-Operai Spettacolo Associati, solo per citarne alcune, insieme ad altre provenienti da tutta Italia.
La ripresa degli ultimi mesi nel settore spettacolo ha riguardato in realtà solo i grandi enti, che hanno potuto beneficiare di fondi pubblici, mentre la maggior parte delle piccole compagnie si è trovata ad affrontare grosse criticità a cui si chiede di prestare attenzione.
I punti deboli del documento uscito dal Senato, come ha dichiarato Alberto Bebo Guidetti, scrittore e cantante dello Stato Sociale, sono quelli di non aver accolto le istanze delle associazioni con cui il ministro Franceschini aveva interloquito, benché avessero espresso tutti quanti le stesse criticità anche se appartenenti a settori diversi dello spettacolo.
Anche l’attore Marco Cacciola ha messo in luce “la genericità circa i criteri di accesso ai fondi di sostegno e la durata di emissione”.
Così come il Registro e l’Osservatorio risulterebbero inefficaci, quest’ultimo in particolare, perché “esiste dal 1985 ma non è mai stato attivato per la mancanza di criteri con cui fare controlli sui contratti”.
Altro aspetto criticato, la decisione di detrarre dal Fus (Fondo Unico Spettacolo), i costi di queste misure.
Positivo invece, l’aver riconosciuto quanto sia consistente l’impatto economico della contrazione dei consumi nel settore. Ogni euro speso per andare a teatro o al cinema, infatti, ne moltiplica da 2 a 5 per altre spese connesse.

La richiesta di una riforma strutturale del settore spettacolo
Oltre alle misure economiche, con cui gli operatori chiedono di essere tutelati, si è chiesta una riforma strutturale dell’intero comparto che in realtà era in crisi già da molto tempo prima del Covid.
Il motivo, ha spiegato l’attore Elio Germano nel suo intervento in video, “è che l’artista non è riconosciuto come lavoratore a tutti gli effetti. Anche se il 7 luglio 2007 una risoluzione del Parlamento europeo abbia definito con chiarezza chi è e cosa fa. L’Italia, benché si fregi di appartenere all’Unione, non considera il ruolo dell’artista e il servizio pubblico che svolge”.
Ma quali sono, nel dettaglio, le misure chieste dal documento sottoscritto dalle associazioni aderenti?
Riconoscimento della discontinuità
La più importante è il riconoscimento della natura discontinua di questo lavoro come suo elemento fondante.
Per questo, ha spiegato Lorenzo Bicci, va tutelata la fluttuazione del reddito e ci si allinei agli altri Paesi europei in termini di durata e accessibilità alle misure di sostegno.
Prendendo come punto di riferimento un modello sperimentato in Francia, inoltre, si dovrebbero coprire economicamente anche i periodi in cui gli artisti non lavorano ma sono impegnati nella formazione.
Abrogazione esenzione Enpals
Altra misura necessaria, spiega Bicci, “è l’abrogazione dell’esenzione Enpals che riguarda gli under 25, i quali non aderiscono al fondo previdenziale dello spettacolo e pertanto possono lavorare senza versare contributi. Questa situazione ha creato una concorrenza sleale”
Revisione codici Ivs Ex Enpals
Angela Sajeva, invece, nel suo intervento ha parlato del fenomeno del lavoro nero, diffuso anche qui e per questo sarebbe opportuno “una revisione dei codici IVS ex Enpals dove vengano incluse professioni non ancora contemplate”.
La possibilità di fare progetti
Anche l’attore e drammaturgo Ascanio Celestini, in collegamento da Oslo, dove sta andando in scena il suo spettacolo Laika, ha portato l’attenzione sul tema della discontinuità di questo lavoro. “La Svezia sta adottando misure che promuovono la continuità del lavoro con progettualità sul lungo termine”.
E gli ha fatto eco subito dopo Massimiliano Roicci, facendo notare come in Italia, al contrario, sembri mancare questa volontà.
“Limitandosi ad agire sul breve periodo. Senza considerare che in questo modo, senza una programmazione, le attività di intrattenimento rimangono bloccate, i locali per i concerti non se la sentono di riaprire e i piccoli teatri non possono affrontare serate con un massimo di 30 o 40 persone”.
Di qui, il permanere in una situazione di emergenza, come evidenziato dal musicista Matteo Alfonso, e l’abbandono della professione o, per i più giovani, il mancato accesso alla stessa.
Sostenere chi è ancora in difficoltà a causa della Pandemia
Tra le richieste più urgenti, anche la prosecuzione dell’erogazione delle indennità, interrotte a maggio 2021, fino ad almeno 6 mesi dopo la conclusione della fase emergenziale, l’istituzione di un fondo apposito per le giornate di lavoro annullate, la possibilità di chiedere indennizzo senza intermediazioni e il riconoscimento dei contributi previdenziali degli ultimi due anni andati persi con la pandemia.

Una riforma del settore dello spettacolo che non arriva.
In seguito a questa conferenza, abbiamo riflettuto sul fatto che la gravissima crisi dovuta alla pandemia avrebbe potuto essere un’occasione d’oro per intervenire finalmente su un settore che già prima del lock down aveva un bisogno disperato di una vera e propria rivoluzione.
Un settore complesso, senza dubbio, ma come lo sono tanti altri nel mondo del lavoro italiano.
A differenza degli altri settori però, è la grande frammentazione che impedisce allo spettacolo italiano di farsi sentire e influire veramente sui processi decisionali della politica. Tante iniziative lodevoli sono state intraprese, ma sempre isolate.
Complimenti quindi a queste associazioni che hanno avuto l’intuizione, il coraggio e la determinazione di unirsi per marciare compatte in un’unica direzione, in favore dello spettacolo italiano. Siamo certi che questa sia la strada giusta e nel nostro piccolo continueremo a seguire le loro prossime iniziative sulle pagine di Teatro per Tutti.
Il rischio gravissimo che stiamo correndo è quello di sprecare un’occasione che ci è costata tantissimo (in tutti i sensi) e che potrebbe passare senza che si riesca a fare nulla per migliorare le condizioni di lavoro del mondo dello spettacolo italiano.