Eccoci nuovamente ad un altro appuntamento con la nostra rubrica del “Monologo del Mese”.
Stavolta cambiamo registro e ci lasciamo alle spalle la bella e triste Nina de “Il Gabbiano” , per conoscere più da vicino l’aristocratico e adorabile spendaccione Algernon Moncrieff da “L’Importanza di chiamarsi Ernest” di Oscar Wilde, commedia scritta nel 1895.
Potrai vedere il video del monologo, interpretato dal nostro amico Emilio, nel canale ufficiale Youtube di Teatro per Tutti.
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Perché Algernon?
La scelta è caduta su Algernon, perché è uno di quei personaggi che ti rimane simpatico non appena pronuncia qualche battuta.
Algernon Moncrieff, come d’altra parte ogni altro personaggio della frizzante commedia di Wilde, è dotato di una ironia tagliente e frivola allo stesso tempo. Le sue parole quindi suscitano inevitabilmente il riso, ma allo stesso tempo riescono a farti riflettere.
Oscar Wilde infatti, con questa sua commedia che lui stesso ha definito essere “Una commedia frivola per gente seria” porta avanti un’aspra critica nei confronti della società a lui contemporanea.
Chi è Algernon?
Ma prima di procedere e farti leggere il monologo proposto questo mese, è bene dire qualche parolina in più su questo divertente personaggio.
Algernon è uno dei due protagonisti della commedia di Wilde, assieme all’amico di sempre John Worthing.
Nato in una famiglia dell’alta aristocrazia vittoriana, vive la sua vita all’insegna del piacere e del lusso. Questo suo oziare, sicuramente dispendioso, è il più delle volte ben al di sopra delle sue possibilità economiche. Fin dalle primissime battute, si capisce infatti che Algernon non navighi in acque tranquille e che sia pieno di debiti. Ma tale situazione non sembra turbarlo minimamente.
Per Algernon l’importante è sapersi godere la vita e le preoccupazioni economiche sono evidentemente qualcosa che lascia ai poveri. Questa sua filosofia di vita lo porta, così, a scontrarsi con i doveri che gli vengono imposti dalla buona società vittoriana. Doveri a cui si sottrae praticamente sempre inventandosi mille scuse che rifila soprattutto a sua zia, Lady Bracknell.
La Trama de “L’importanza di chiamarsi Ernest”.
Come detto poco più su, Algernon Moncrieff ha un amico, John, con cui condivide la sua esistenza basata alla ricerca del piacere e del divertimento.
La commedia di Wilde si apre perciò con John che va a trovare Algernon poco prima del tea delle diciassette. John attende assieme all’amico l’arrivo di Lady Bracknell e di Gwendolen, per chiedere a quest’ultima di sposarlo. Conversando, John si lascia sfuggire incautamente di avere una giovane pupilla, Cecily, sotto la sua protezione e che vive nella sua casa di campagna.
Algernon, inguaribile donnaiolo, si incuriosisce circa questa ragazza e perciò il giorno successivo decide di far visita a Cecily, recandosi alla casa di campagna dell’amico.
Inutile dire che tra i due scoppia subito l’amore, che però trova non pochi ostacoli per realizzarsi.
John infatti, proprio come l’amico Algernon, per sfuggire ai doveri familiari si è inventato l’esistenza di un fratello, di nome Ernest, che inevitabilmente combina qualche guaio in città per cui si deve assentare da casa molto spesso.
Il caso vuole che la sua giovane pupilla si sia irrimediabilmente innamorata del fratello fittizio del suo tutore, Ernest appunto. Ed è perciò con tale nome che Algernon si presenta all’ingenua ragazza. Ma Ernest è anche la seconda identità di John, ed è quindi il nome con cui si è presentato a Gwendolen.
Inoltre, Lady Bracknell, venendo a sapere da John stesso che è un trovatello e quindi di umili origini, non acconsente minimamente al matrimonio del ragazzo con sua figlia.
Inutile dire che, con tali premesse, gli equivoci e gli scambi di persona sono all’ordine del giorno, trascinando i nostri protagonisti in una girandola di inconvenienti davvero esilarante.
Gli eventi quindi si susseguono a ritmo serrato, arrivando inevitabilmente ad una felice conclusione.
La critica alla società vittoriana.
Come ho già accennato, “L’Importanza di essere Ernest” solo ad una prima occhiata superficiale può sembrare una commedia frivola e fine a se stessa. In realtà essa è ben congegnata con il solo scopo di irridere la società vittoriana e il suo fortissimo moralismo.
L’Inghilterra contemporanea a Wilde era caratterizzata da una società davvero molto rigida, in cui il senso del dovere era così forte da determinare in maniera preponderante l’esistenza delle persone.
L’ essenziale era apparire come bravi cittadini, dalla moralità integra e pura. Una moralità rigida, imperniata soprattutto sul lavoro e sull’importanza di avere successo nella società.
Inevitabilmente, tantissime persone e esponenti dell’alta borghesia e dell’aristocrazia portavano avanti una sorta di seconda vita, fatta di piaceri e di libertà che l’intransigente etichetta vittoriana vietava.
Ed è proprio su tale aspetto, sulla doppia vita di tantissimi inglesi della buona società, che Wilde ha costruito la sua commedia più famosa.
Già il titolo presenta questa dualità che, purtroppo, con la traduzione in italiano si perde.
Il titolo originale dell’opera è infatti “The importance of being Earnest” . La parola “Earnest” in inglese significa “serio“, “sincero“, “solido“. Caratteristiche che sono considerate delle vere e proprie virtù in epoca vittoriana.
“Earnest”, in inglese ha la stessa pronuncia del nome “Ernest”. Lo stesso nome che John ha scelto come nome per il fratello scapestrato che lo porta ad assentarsi da casa. Lo stesso nome che John ha usato per presentarsi a Gwendolen. La ragazza inoltre pare essersi innamorata di lui soprattutto perché ha quel nome che le procura una grande sicurezza, piuttosto che per le sue qualità .
Allo stesso modo, anche Cecily mostra avere una sorta di venerazione per il nome “Ernest”, per gli stessi motivi di Gwendolen.
L’ironia nasce dal fatto che entrambe le giovani si sono innamorate di due ragazzi principalmente a causa del loro nome, quindi un motivo futile. E che questo nome, la cui musicalità è tanto vicina all’aggettivo “Earnest”, è stato assunto come seconda identità da due ragazzi che decisamente non sono seri, sinceri e solidi nel loro modo di vivere la vita.
Algernon come Proiezione di Oscar Wilde.
In questa vicenda, in cui ogni persona pensa, parla e vive la sua esistenza badando solo all’etichetta, senza nemmeno rendersi conto di avere comportamenti al limite dell’assurdo, Algernon è una sorta di alter-ego dello stesso Wilde.
Le tantissime affermazioni di Algernon rispecchiano chiaramente il pensiero dell’autore sulla società a lui contemporanea. Sono delle vere e proprie critiche a quel contegno decoroso che la pudica società vittoriana ostentava continuamente.
Le critiche di Wilde, tuttavia, non si esauriscono con le battute di Algernon. Gli studiosi sono concordi nell’affermare che anche John è una proiezione di Oscar Wilde, che evidentemente si è compiaciuto di rappresentare in scena una conversazione tra sé e sé.
Il Monologo di Algernon.
Ora che abbiamo conosciuto meglio chi è Algernon e che cosa rappresenta per Wilde stesso, guardiamo più da vicino il monologo proposto questo mese.
Algernon pronuncia questo monologo praticamente all’inizio della commedia. Si trova a casa sua e John è arrivato da poco a fargli visita. I due conversano, come fanno di solito e Algernon fa sapere all’amico di aver lasciato a casa sua, qualche tempo prima un portasigarette. Prima di restituirglielo però chiede a John come mai l’iscrizione sul portasigarette non coincide col nome Ernest, attraverso il quale Algernon lo conosce.
John è perciò costretto a rivelare ad Algernon lo stratagemma che sfrutta per sfuggire via dalle incombenze e dai doveri di famiglia. Gli spiega quindi che utilizza la scusa di avere un fratello di nome Ernest che combina sempre disastri in città e che, in seconda battuta, Ernest è quindi lo pseudonimo che utilizza in città per le sue serate mondane.
Algernon, ben conscio di essere della stessa identica natura dell’amico, non può che rimanere piacevolmente colpito dal comportamento di John. E così gli racconta che anche lui utilizza un espediente simile per poter sottrarsi ai doveri familiari.
Il monologo di questo mese è proprio quello con cui Algernon spiega questa sua pratica, che chiama “Bunbureggiare” . Una parola inventata che deriva dal nome dell’amico fittizio di Algernon, Bunbury appunto.
Per correttezza, ti avviso che quello che segue non è un vero e proprio monologo.
È un discorso che Algernon porta avanti con l’amico, il quale lo interrompe di tanto in tanto. Le battute di John, tuttavia, non sono essenziali per il senso del discorso di Algernon e mi è stato quindi possibile ometterle.
IL TESTO DEL MONOLOGO
Atto Primo
La verità è pura di rado e semplice mai. Altrimenti la vita moderna sarebbe assai tediosa, e la letteratura moderna totalmente impossibile!
Caro mio, la critica letteraria non è il tuo forte. Non cimentartici. Lasciala a chi non è stato all’Università.La verità è che tu sei un bunburista. Avevo perfettamente ragione a dire che eri un bunburista. Sei uno dei bunburisti più emancipati che io conosca.
Tu hai inventato un utilissimo fratello minore a nome Ernest allo scopo di poter calare in città tutte le volte che vuoi.
Io ho inventato un impagabile amico invalido a nome Bunbury, allo scopo di poter andare in campagna quando mi pare e piace. Bunbury è assolutamente inestimabile. Se non fosse per la salute straordinariamente cattiva di Bunbury, per esempio, non potrei pranzare con te da Willi’s questa sera, perché avrei un impegno con mia zia Augusta da più di una settimana.
E tu, come lo faresti?
Se anche a te è venuta voglia di interpretare questo divertente personaggio, buttati e mettiti in gioco!
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Recentemente abbiamo anche pubblicato un Manuale di Dizione. Potrebbe tornarti utile per eserciarti prima di realizzare il tuo video. Nel caso tu ne avessi bisogno, il nostro manuale potrebbe rivelarsi un valido aiuto per correggere il forte accento. Nel nostro gruppo potrai infatti essere visto da attori provenienti da tutta Italia e una buona dizione, anche se non obbligatoria, è davvero gradita.
Se vuoi, puoi anche leggere i nostri tutorial di recitazione, che possono aiutarti a chiarire alcuni concetti base. Non si sostituiscono ovviamente ad una buona scuola di recitazione, ma possono comunque darti una mano se hai qualche dubbio o difficoltà!
Infine, non preoccuparti se pensi di non avere il “physique du rôle” o l’età giusta per recitare il personaggio di Algernon, a noi va benissimo ugualmente. Il nostro è solo un gioco e vogliamo vedere come interpreteresti tu il monologo di Algernon.
Non fare il timido e aiutaci a rendere virale il teatro!
Se tra le tue amicizie c’è qualche attrice, sappi che qualche tempo fa abbiamo pubblicato anche il Monologo di Lady Bracknell. Perché non la inviti a partecipare al Monologo del Mese, chiedendole di interpretare questo simpatico personaggio? 🙂