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Il monologo di Winnie da “Giorni felici” di Samuel Beckett

Il monologo di Winnie da “Giorni felici” di Samuel Beckett

Eccoci ad un nuovo appuntamento con la nostra rubrica del “Monologo del mese”. Dopo aver conosciuto il tormentato Tom di “Lo zoo di vetro”, oggi faremo la conoscenza di una tipica signora borghese di circa cinquanta anni: la Winnie di “Giorni felici” di Samuel Beckett.

Si tratta di un testo teatrale molto importante nella teatrografia dell’autore, perché espressione massima della sua poetica, il cosidetto “teatro dell’assurdo”. Venne composto nel 1961, lo stesso anno in cui Beckett convolò a nozze con la compagna, con la quale conviveva da venti anni circa.

“Giorni felici” è l’unico testo teatrale di Beckett in cui viene trattato il tema del matrimonio (Qui puoi acquistare il libro).

A interpretare per noi il monologo di Winnie è la brava Laura Persico.

Puoi vedere la sua interpretazione nel canale youtube ufficiale di Teatro per Tutti. Se hai voglia di sfidarla, interpretando a tua volta questo monologo, allora entra a far parte del gruppo facebook “Monologo del mese” o visita la pagina web del nostro sito “Monologhi” per capire come poter partecipare.

Oppure continua a leggere dopo il video per conoscere meglio Giorni Felici e il personaggio di Winnie.

Perché Winnie?

La scelta di introdurre questo personaggio nella raccolta è derivata dal fatto che Winnie è l’impersonificazione di una grande e forte voglia di vivere, anche quando la vita non è altro che una sorta di gabbia da cui è impossibile evadere.

Un personaggio terribilmente triste, che però si ostina ad essere felice, nonostante tutto le stia gridando di vivere una esistenza infelice.

Chi è Winnie?

Come accennato poco più su, Winnie è una signora borghese, tutta intenta a prendersi cura del proprio aspetto, quasi ottusamente concentrata a trovare motivi di felicità nelle cose più banali, pur di non guardare in faccia la triste realtà della sua condizione. Una condizione invalidante, sia in senso figurato che prettamente fisico.

La trama

“Giorni felici” è un testo teatrale composto da due atti. La scena è statica, molto semplice ma anche un po’ inquietante.

Protagonisti sono Winnie e Willie, due coniugi legati da un matrimonio che ormai sembra essere svuotato di ogni passione e sentimento. Ma a rendere ancor più triste l’esistenza dei due, è la loro insolita condizione fisica.

Winnie è conficcata fino alla vita dentro a una sorta di cumulo di terreno, da cui non può liberarsi. Suo marito Willie è posto dietro questo piccolo monticello. L’uomo non riesce a camminare, perciò si sposta strisciando per terra e generalmente se ne sta rannicchiato dentro un buco, una sorta di tana.

Winnie non riesce a vedere Willie e per tentare almeno di scorgerlo, deve voltarsi con la schiena.

Come detto, il matrimonio tra Winnie e Willie non si può certo definire un matrimonio felice. I due, praticamente, non hanno più niente in comune e da dirsi.

E in effetti, l’intero testo teatrale è quasi un monologo della povera Winnie, che ostinatamente tenta di instaurare un dialogo col marito. Willie, annoiato dal continuo ciarlare della moglie, di tanto in tanto le risponde e generalmente con risposte assai brevi, quasi dei monosillabi. Fatto di cui Winnie pare non accorgersi o a cui, comunque, non dà peso.

Quel che più colpisce il lettore o lo spettatore è l’inspiegabile felicità della protagonista. Winnie, infatti, nonostante la terribile situazione, si comporta come se non ci fosse niente che non va. Ben vestita, truccata e pettinata, la donna ha con sé un grazioso ombrellino con cui si ripara dalla pioggia o dal sole e una grande borsa nera.

Mentre parla e chiacchiera, per tutto il corso del primo atto tira fuori dalla sua grande borsa una moltitudine di oggetti di uso quotidiano, come pettine, dentifricio, trucchi che utilizza totalmente incurante del fatto di essere immobilizzata dentro il monticello di terra.

Nella borsa c’è anche una rivoltella, che tuttavia Winnie si guarda bene dall’utilizzare.

Quell’oggetto stona, con le altre cose che la signora utilizza. La pistola è l’unico oggetto che riesce a mettere Winnie di fronte alla dura realtà della sua triste condizione. Potrebbe prenderla e con essa farla finita per sempre, ma Winnie è così attaccata alla vita, ha così voglia di vivere, che il solo pensiero di suicidarsi è per lei totalmente fuori discussione.

L’esistenza di Winnie e Willie scorre così tutta uguale e viene scandita solo dal forte suono di un campanello che si fa sentire al mattino e alla sera, cioè quando i due devono svegliarsi e andare a dormire.

Quando il sipario si apre sul secondo atto, se possibile, la situazione dei due protagonisti peggiora ulteriormente.

Stavolta, infatti, la signora Winnie è immobilizzata nel terreno fino al collo, per cui non ha più la libertà di muovere le braccia, recuperare quegli oggetti quotidiani a cui era tanto attaccata e non è più in grado di voltarsi per scorgere il marito, che è sempre dietro di lei.

Ma nonostante questo, Winnie continua a vivere la sua esistenza come se niente fosse, ostinandosi a proclamare la sua esistenza una costellazione di giorni felici.

Il significato di “Giorni felici”

“Giorni felici” al suo debutto venne duramente stroncato dai critici dell’epoca. Il testo non venne capito, ma a mio modo di vedere è probabilmente uno dei drammi più forti e profondi che il drammaturgo di Dublino abbia mai scritto.

Il contrasto visivo tra la pessima condizione di Winnie e il suo conversare un po’ superficiale e allegro  è davvero potente. È  infatti proprio nel dato visivo che risiede l’intensità stessa del dramma. Un dramma che, appunto, per essere apprezzato fino in fondo deve essere visto in teatro, più che letto.

“Giorni felici”, sebbene rappresenti una situazione terribilmente triste e grave, comunica quindi un forte attaccamento alla vita. Winnie stessa è l’emblema di una voglia di vivere inesauribile.Una voglia di vivere che accomuna ogni essere umano, o quasi, che anche in condizioni estreme può trovare la forza di sopravvivere e di andare avanti.

Il monologo di Winnie

Il monologo che ho riportato viene pronunciato da Winnie nel primo atto.

È un monologo che ci dona uno squarcio breve, ma intenso, del passato della protagonista.

Winnie, in mezzo al suo continuo ciarlare senza capo ne coda, fa cenno ad un passato in cui, davvero, ha vissuto dei giorni felici con il marito Winnie.

Un passato ormai lontano nel tempo, un ricordo sbiadito che, come improvvisamente le è venuto in mente, altrettanto velocemente se ne va piombandola nuovamente nel presente. Un presente vuoto e triste, che però si ostina a definire felice.

Oh oggi mi parlerai, questo sarà un giorno felice. (Pausa. La gioia cade)

Un altro giorno felice. (Pausa).

Insomma, dove ero arrivata… il mio pelo, sì, più tardi, mi farà molto comodo più tardi. (Pausa).

Ho in testa… (Si porta le mani al cappello) … sì, ce l’ho, ho il cappello in testa… (abbassa le mani)… non posso togliermelo, adesso. (Pausa). Pensare che ci sono dei momenti in cui uno non può togliersi il cappello, neppure se ne andasse della sua vita. Momenti in cui non si può mettere, momenti in cui non si può togliere. (Pausa). Quante volte mi sono detta “Su mettiti il capello, ora, Winnie, non c’è altro da fare, togliti il cappello ora, Winnie, da brava vedrai che ti farà bene” e non lo facevo. (Pausa). Non potevo farlo.

(Pausa. Alza la mano, libera di sotto il cappello una ciocca di capelli. se la tira verso gli occhi . cerca di sbirciarla, la lascia andare, abbassa la mano) Li hai chiamati d’oro, quel giorno, dopo che l’ultimo invitato era partito… (alza la mano nel gesto di levare un calice)… ai tuoi capelli d’oro… che possano sempre… (con voce rotta) che possano sempre (Abbassa la mano, abbassa la testa. Pausa, a voce bassa). Quel giorno. (Pausa. Voce bassa). Che giorno? (Pausa. Alza la testa. Voce normale)

Questa poi. Le parole mancano, ci sono delle volte in cui perfino loro mancano. (Voltandosi un poco verso Willie) Non è vero Willie? (Pausa, voltandosi un po’ di più) Non è vero, Willie, che perfino le parole mancano, a volte?

(Pausa. Si volta verso la sala). E che cosa si deve fare, allora, aspettando che tornino? Strigliarsi il pelo, se non è già stato fatto, o se c’è qualche dubbio, tagliarsi le unghie se hanno bisogno di essere tagliate, sono tutte cose che ti aiutano a tirare avanti. (Pausa).

È questo che voglio dire. (Pausa)

È solo questo che voglio dire. (Pausa).

È questo che trovo meraviglioso, che non passa giorno… (sorride)… per dirla nel vecchio stile… (il sorriso cade)… senza qualche benedizione.

E tu, come lo faresti?

Se hai voglia di interpretare anche tu il bel personaggio di Winnie, nata dalla geniale penna di Samuel Beckett, allora prendi coraggio e buttati!

Entra a far parte del nostro gruppo facebook “Monologo del Mese” oppure vai nella sezione “Monologhi ” del nostro sito per capire come poter partecipare!

Se ritieni possa esserti utile, abbiamo  pubblicato un Manuale di Dizione,  con cui puoi esercitarti, se pensi di avere un forte accento. Nel gruppo, infatti, potrai essere visto da attori provenienti da tutta Italia e una buona dizione, anche se non obbligatoria, è comunque ben accettata.

Se pensi che possa tornarti necessario, puoi consultare gli articoli del nostro tutorial di recitazione, pieno di consigli utili. Non pretendiamo con la nostra rubrica di sostituirci ad una buona scuola di recitazione, ma siamo certe che può dare un valido contributo a chi sta muovendo i suoi primi passi nell’entusiasmante mondo della recitazione!

E infine non preoccuparti se pensi di non avere il “physique du rôle” o l’età giusta per recitare il personaggio di Winnie a noi va benissimo lo stesso.

Vogliamo solo vedere come interpreteresti tu questo monologo e confrontarci!

Aiutaci a rendere virale il teatro!

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