Ben ritrovati con la rubrica “Monologo del Mese”.
Oggi, dopo aver fatto la conoscenza della giovane Hester nata dalla penna di Oscar Wilde, conosceremo più da vicino La Moglie Ebrea, creata da Bertolt Brecht all’interno della sua celebre opera Terrore e Miseria del Terzo Reich (Ti lascio qui il Link amazon al libro)
Ad interpretare per noi il monologo di questo personaggio femminile è l’amica e attrice Elisa Puccini.
Puoi vedere il video della sua interpretazione nel canale youtube ufficiale di Teatro per Tutti.
Se vuoi recitare anche tu questo monologo, vedi come fare nella nostra pagina web “Monologhi” o entra a far parte del nostro gruppo facebook “Monologo del mese“.
Perché La Moglie Ebrea?
Ho scelto di inserire il monologo de La Moglie Ebrea all’interno di questa rubrica per due motivi principali.
Il primo è che questo monologo può tornare molto utile a qualsiasi attrice. Alle principianti per cimentarsi con un grande autore teatrale. Alle attrici esperte per esercitarsi con il genere drammatico.
L’altro motivo è che, grazie ai suoi contenuti, risulta purtroppo ancora oggi molto attuale. E sono convinta che possa far riflettere le persone sulla realtà che ci circonda.
Chi è La Moglie Ebrea?
La Moglie Ebrea è la protagonista di una delle ventiquattro scene drammatiche che compognono Terrore e Miseria del Terzo Reich di Brecht, una lucida denuncia del regime totalitario nazista.
Terrore e Misera del Terzo Reich
Brecht scrisse questa sua opera teatrale tra il 1935 e il 1938, cioè negli anni in cui il Nazismo stava dominando la Germania.
Le ventiquattro scene drammatiche mostrano al lettore e allo spettatore come era la vita dei tedeschi durante il regime di Adolf Hitler, con uno sguardo disilluso sia sui carnefici che sulle vittime.
Il giudizio dell’autore non è mai presente e d’altronde basta ciò che è rappresentato a far riflettere su quanto un regime autoritario cambi la vita delle persone, privandole delle libertà più basilari.
La Moglie Ebrea
La Moglie Ebrea è forse la scena più famosa di questa grande opera teatrale di Brecht.
Protagonista è Judith, una signora borghese di origine ebraiche. La Germania è ormai ostaggio della follia nazista e lo scoppio della seconda guerra mondiale è alle porte.
Judith decide perciò di partire, per strasferirsi in Olanda, conscia del fatto che la vita sua e quella del marito in Germania diventerà ancora più difficile.
Nel fare le valigie per l’imminente partenza, Judith prepara il discorso che vuole fare al marito Fritz, un medico ariano che, a causa di sua moglie, sta già avendo diversi problemi a lavoro.
Il monologo rivela quindi l’assurdità dell’ideologia nazista, e la sua terribile violenza e follia che “costringe tutti quanti a mentire”.
Il Monologo de “La Moglie Ebrea”
Per la nostra rubrica, Elisa ha recitato una porzione del lungo monologo di Judith. In questo punto del suo soliloquio, la donna ha quasi finito di preparare le valigie.
E il suo discorso non è propriamente un arrivederci al marito, ma piuttosto un dirsi addio.
Ma è anche e soprattutto un tentativo di aprire gli occhi al marito che, come molti suoi contemporanei, non riusciva percepire fino in fondo l’orrore che si stava consumando in Germania.
Per questo motivo, le parole di Judith sono ancora oggi molto utili: perché nella società odierna l’indifferenza e l’intolleranza verso gruppi etnici o sociali differenti è ancora forte e persistente.
Il testo del monologo
“Non ti ho detto che volevo andarmene già da molto tempo, perché non posso parlarne quando ti guardo, Fritz. Mi sembra così inutile parlare. Tanto è già tutto stabilito.
Che cos’hanno? Cosa vogliono in realtà? Che cosa gli ho fatto?
Non mi sono mai occupata di politica. Ero per Thalimann, forse? Io sono una di quelle signore borghesi che hanno una casa con dei camerieri, eccetra. E tutto ad un tratto, che cosa succede? Solo alle bionde è permesso essere così?
Negli ultimi tempi ho pensato spesso a quello che mi dicevi anni fa. Che ci sono persone che valgono e persone che valgono meno e che ai primi, quando hanno il diabete, si dà l’insulina e agli altri no. E allora mi era parso naturale. Stupida che non ero altro! E adesso hanno fatto una nuova distinzione dello stesso genere e io appartengo alla catgoria delle persone che valgono meno. Ben mi sta!
Sì, faccio le valigie, non devi far finta di non aver notato niente in questi ultimi giorni. Fritz, posso sopportare tutto meno questo: di non guardarci negli occhi, nelle ultime ore che ci rimangono. Almeno questa soddisfaziobne non dobbiamo darla a quei bugiardi che costringono tutti quanti a mentire.
Dieci anni fa, quando qualcuno diceva che non si notava affatto che fossi ebrea, tu replicavi: “Eh, altro che!” Era una cosa che mi faceva piacere. Era sincerità.
Perché non avere adesso il coraggio di dire le cose come sono? Faccio le valigie perché altrimenti non sarai più primario. Perché quelli della clinica ti salutano già a stento e perché la notte non riesci a dormire.
Non voglio che tu mi dica che non devo partire. Anzi, mi affretto perché non voglio che un giorno o l’altro tu mi dica che devo andarmene.
È solo questione di tempo. Il carattere è questione di tempo. Dura più o meno proprio come un guanto. Ce ne sono di buoni che durano un pezzo, ma mai in terno.
Del resto non sono neppure arrabbiata. Ma sì che lo sono, invece!
Perché devo tollerare tutto questo? Cosa c’è di male nella forma del mio naso e nel colore dei miei capelli? E devo lasciare la città dove sono nata e cresciuta perché quelli possano risparmiare del burro.
Che razza di uomini siete? Sì, anche tu! Siete capaci di inventare la teoria quantistica e lasciate che dei barbari vi ordinino di conquistare il mondo e vi vietano di tenervi la moglie che vorreste avere!
Voi siete dei mostri o dei leccapiedi di mostri. Sì, non è ragionevole da parte mia, ma a che cosa serve la ragione in un mondo simile? Tu te ne stai lì, vedi tua moglie che fa le valigie e non dici niente! Perché anche i muri hanno le orecchie, vero? Ma se voialtri non dite niente! Gli uni stanno ad ascoltare e gli asltri tacciono! Che schifo! Anch’io dovrei tacere… se ti amassi tacerei! Ma io ti amo, sul serio.
Nel paese dove andrò non deve più succedermi niente di simile. Se trovo un marito, devo sapermelo tenere.
E non dirmi che mi manderai del denaro. Sai che non è possibile. E non avere l’aria di credere che sia una cosa provvisoria, per poche settimane. Tu lo sai e lo so anch’io.
Non dire “In fin dei conti non è che per un paio di settimane” mentre mi porgi il mantello di pelliccia che non mi servirà prima dell’inverno.
Non parliamo di disgrazia. Parliamo di vergogna.”
E tu, come lo faresti?
Se anche tu hai voglia di dar vita al personaggio di Judith, accetta la sfida della nostra Elisa!
Come ripeto sempre, soche l’interpretazione proposta non è quella “giusta”. Questa è solo la versione di Elisa e sicuramente ne esistono tantissime altre!
Ma io sono curiosa di vedere come interpreteresti tu questo monologo!
Quindi… bando alla timidezza e buttati!
Entra a far parte del nostro gruppo facebook “Monologo del Mese“e partecipa alla sfida! Per capire come partecipare, segui le indicazioni scritte nel gruppo o visita la pagina web “Monologhi”.
Nel caso pensi possa tornarti utile, ti lascio il link al Manuale di Dizione di Teatro per Tutti.
In questo modo, se hai dei difetti di pronuncia o un forte accento, puoi tentare di correggerlo per farti capire meglio da tutti!
Una buona dizione, anche se non obbligatoria, è sempre molto apprezzata!
Se vuoi, puoi anche leggere i tutorial di recitazione sul sito di Teatro per Tutti. Possono aiutarti a chiarire alcuni concetti base.
Non si sostituiscono ad una buona scuola di recitazione, ma possono comunque esserti molto utili!
E non ti preoccupare se pensi di non avere il “physique du rôle” o l’età giusta per recitare La Moglie Ebrea, va benissimo lo stesso.
Rendi virale il Teatro assieme a noi! 🙂