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La voce e le sue potenzialità. Intervista ad Ermanna Montanari

La voce e le sue potenzialità. Intervista ad Ermanna Montanari

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Dalla pubblicazione del Manifesto alla fondazione di Malagola, scuola di vocalità e corso di alta formazione sullo studio della voce .

Per chiunque vogli avvicinarsi al mondo della recitazione e del teatro in particolare, la capacità di utilizzare al meglio la propria voce è indispensabile e per questo, lo sappiamo, ci sono le scuole di dizione.

Malagola, invece, è una scuola di vocalità, aperta a Ravenna lo scorso ottobre, con la finalità, anticipata nel 2020 dalla pubblicazione di un vero e proprio manifesto, di sondare le potenzialità della voce a tutto tondo.

Uno scopo raggiunto sia attraverso pratiche vocali che attraverso gli studi teorici, sia attraverso un approccio innovativo, sulla scia di un teatro di ricerca attivo da tempo nell’approfondire e rendere sempre più protagonista questo “organo del corpo” per certi versi ancora inesplorato.

A dirigerla Ermanna Montanari, pluripremiata attrice e drammaturga del Teatro delle Albe, intervistata da Teatro per Tutti proprio su questa sua recente avventura professionale.

Scoprire la propria voce, un’avventura gioiosa e un’apertura verso l’inatteso

Perché hai sentito la necessità di fondare una scuola, un centro di formazione centrato sullo studio e la valorizzazione della vocalità e quali sono le sue finalità? 

“Ogni volta che, dopo uno spettacolo, venivano a chiedermi di tenere un laboratorio’ sulla voce, mi rifiutavo, non sentivo la necessità di una trasmissione fuori dalla compagnia.

Lo scorso anno, invece, durante il primo lockdown, ho pensato che fosse arrivato il momento di aprire una scuola vera e propria, una ‘ca’ zoiosa’, una ‘casa gioiosa’, come Vittorino da Feltre, grande pedagogista rinascimentale, aveva chiamato la sua scuola, all’avanguardia per i tempi.

Ho scritto così un manifesto in nove punti, dove ho disegnato il mio intento: dopo aver dedicato la vita a sondare, sulla scena, l’universo della voce.

Quei nove punti evocano il mistero che ancora e sempre la circonda. Ho poi coinvolto in primis la mia compagnia, il Teatro delle Albe e al tempo stesso come vice direttore Enrico Pitozzi, docente di storia del teatro e dello spettacolo all’Università di Bologna.

Enrico Pitozzi, docente universitario e vicedirettore di Malgola- photocredit Ravenna teatro

Malagola, non solo scuola ma anche spazio aperto a tutti i cittadini con la “chiamata pubblica”

Con lui abbiamo immaginato Malagola, non solo come scuola di vocalità, ma anche come centro studi di livello internazionale, luogo di archivi sonori, in cui artisti di diverse discipline possano perfezionare il proprio percorso vocale e musicale. E al tempo stesso un palazzo – perché questo è Malagola, un palazzo settecentesco nel cuore della città, acquisito grazie alla lungimiranza del sindaco Michele De Pascale e della Provincia di Ravenna – un palazzo aperto a tutti i cittadini.

Dopo il progetto Cantiere Dante, che ha coinvolto migliaia di ravennati attraverso la ‘chiamata pubblica’ e che terminerà la prossima estate con il trittico dell’intera Divina Commedia prodotto da Ravenna Festival, apriremo il Cantiere Malagola, uno spazio permanente di lavoro scenico e di incontro tra artisti e cittadini”.

“Ognuno di noi è pianeta sonoro”

La scuola è iniziata con un primo corso nella seconda metà di ottobre, quanti sono gli iscritti e sulla base di quali criteri sono stati selezionati? 

“Sono 15, selezionati dalle 131 domande arrivate da tutta Italia.

I criteri sono stati l’impegno, la serietà, la voglia di mettersi in gioco, di aprirsi all’inatteso, per poter realizzare una pratica, gioiosa ed esigentissima, capace di attraversare l’avventura della propria voce e del proprio corpo. Dove la voce è il corpo.

Ognuno di noi, infatti, è pianeta sonoro, è radice che prenderà la sua forma nel tempo che ci daremo. L’obiettivo è preparare e consolidare professionalmente figure (attori, musicisti, performer)  che gravitino nell’ambito della creazione e della comunicazione artistica, dal teatro alla produzione multimediale”

Tra i docenti, Alvin Curran e Meredith Monk. Nel prossimo corso anche Vinicio Capossela

Puoi raccontarci a grandi linee come è strutturata, quali discipline e che autori si studiano? Tra i docenti, inoltre, ci sono studiosi di livello internazionale e anche artisti che terranno qui residenze artistiche…

“Abbiamo voluto per questo primo anno figure di diverse discipline: una poetessa come Mariangela Gualtieri e maestri internazionali come il musicista Alvin Curran e la compositrice Meredith Monk, che sull’intreccio della  ricerca vocale e musicale sono stati pionieri nel secolo scorso. Poi Chiara Guidi, Francesca Proia, Mirella Mastronardi, Roberto Latini, musicisti come Francesco Giomi, Luigi Ceccarelli, e infine Vinicio Capossela, che non sarà presente in questo primo corso ma ha già dato la sua disponibilità in futuro. Questi gli artisti.

Ci sono poi le lezioni teoriche tenute da Enrico Pitozzi e altri docenti che hanno indagato nella loro ricerca la relazione tra suono e voce, come Valentina Valentini, Caterina Piccione, Roberto Barbanti, e il foniatra Franco Fussi”.

Una scena dello spettacolo Madre di e con Ermanna Montanari – photocredit Enrico Fedrigoli

Lo spettacolo “Madre”, allegoria della catastrofe ambientale

Riguardo lo spettacolo che stai portando in scena, Madre: ancora una volta interpreti un archetipo del femminile, dopo quelli del cortometraggio Er (la strega, l’assassina, la madre, la regina), questa volta sei la Madre Terra che, allegoricamente, l’umanità ha spinto in fondo a un pozzo. Come ti sei preparata a questo ruolo?

“Marco (il marito Marco Martinelli, regista e drammaturgo che insieme a lei ha fondato il Teatro delle Albe nel 1983) l’ha scritto per me, pensando a me, come fa sempre. Pesca nel condominio delle mie figure interiori, così dice.

Madre è una favola complessa, che va letta a tanti livelli: è la vicenda di una madre e un figlio, contadini romagnoli, che emergono dal villaggio in cui sono cresciuta e in cui ancora vive la mia famiglia.

Ma la si può leggere anche come un’allegoria  della distruzione del pianeta. Anche così, dentro una cornice simbolica, quelle due figure non perdono per un istante la visceralità della loro terra, della loro lingua.

“Non uso la parola ruolo, non so cosa sia, preferisco la parola figura, che ha una luminosità maggiore, meno perimetrata”

Mi preparo ogni volta stando in silenzio, al buio.

Il silenzio fa affiorare le figure-guida nella sua densità sonora.

Non uso la parola ruolo, non so cosa sia, preferisco la parola figura che ha una luminosità maggiore, meno perimetrata. E ho sempre bisogno di avere la visione dello spazio in cui immergermi, in cui abitare, altrimenti nulla succede.

Per Madre ho lavorato di concerto con Stefano Ricci al disegno e Daniele Roccato al contrabbasso. Ho sperimentato sul microfono-sonda livelli quasi impercettibili della voce, e soprattutto ho lavorato sul ritmo delle glossolalie (le glossolalie sono vocalizzi e sillabe apparentemente senza senso, una pratica vocale tipica del cristianesimo dei primi secoli e delle correnti religiose mistiche ndr).

Siamo stati in teatro durante il periodo della prima chiusura per pandemia, sostavamo lì, concentrati, seguendo una sonorità in bianco e nero. Insieme a noi, Marco, Luca Pagliano alle luci, Fagio alle proiezioni, e il regista del suono Marco Olivieri. Abbiamo costruito pozzi, pianeti, lamiere per specchi”.

Un’artista complessa, enigmatica e intensa, Ermanna Montanari, che da anni insieme a Martinelli porta nel mondo un teatro capace di incontrare le nuove generazioni attraverso il progetto di pedagogia teatrale della non scuola in cui sono impegnati da anni a livello internazionale, ma anche la contaminazione linguistica dove si incrociano dialetti e versi danteschi, tragedia greca e pensiero di Majkovskij.

Un lungo percorso artistico a cui si aggiunge, ora, per Ermanna, la ricerca sulla voce che in futuro, ne siamo certi, aprirà al teatro tante altre nuove prospettive.

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