In questi tristi tempi, alcune attrici hanno deciso di passare il periodo di forzato allontanamento dalle scene senza lamentarsi, ma rimboccandosi le maniche.
Queste donne, come molte altre lavoratrici nel settore dello spettacolo, hanno da sempre avuto l’impressione che nel loro ambiente lavorativo ci fosse un atteggiamento discriminatorio nei loro confronti. E si sono chieste se la loro fosse solo una sensazione o se al contrario ci fosse qualcosa di vero.
E la prima cosa che hanno fatto, è confrontarsi, parlare e riunirsi. E così è nato il Collettivo Amleta.
Un gruppo di attrici e di donne toste, che ho avuto il piacere di intervistare.
1. Cos’è Amleta? Cosa vi ha spinto a condurre questa indagine e come si è svolta?
Amleta è un collettivo femminista intersezionale nato per evidenziare e contrastare le discriminazioni di genere nel mondo dello spettacolo.
Ci siamo incontrate all’interno del Tavolo di genere di Attrici e Attori uniti, tutte con la stessa sensazione di avere un problema da risolvere e di volerlo fare insieme. Spesso si dice- è uno degli stereotipi più diffusi- che le donne non sappiano fare gruppo, specialmente le attrici.
Noi siamo la prova che non è così: ci siamo trovate intorno a quel “problema senza nome” e attraverso mesi di confronto, ricerca, formazione e lavoro siamo diventate Amleta.
La prima cosa che abbiamo fatto è stata contare, contarci. Volevamo dare a “quel problema senza nome” dei dati e dei numeri che non lasciassero spazio a polemiche inutili.
Abbiamo passato mesi a contare la presenza femminile impiegata negli anni 2017-2020 nei teatri che ricevono più fondi pubblici: i Teatri Nazionali, i Tric e la Fondazione del Piccolo Teatro di Milano.
Ci teniamo a dire che questa mappatura è stata svolta grazie al lavoro volontario e all’autotassazione delle colleghe, quando invece in altri Paesi questo tipo di monitoraggio è una funzione pubblica.
2. Che cosa avete scoperto con il vostro lavoro di ricerca?
La mappatura ci ha consentito di dare dei numeri a delle sensazioni.
Su più di 100 sale esaminate, più di 1500 spettacoli analizzati, la presenza generale femminile è il 32,4%. Analizzando questo dato nello specifico, la percentuale si alza leggermente quando si parla di attrici, ma crolla per quanto riguarda la presenza di registe e drammaturghe, presenza che peggiora se guardiamo ai grandi palchi: nelle sale principali, infatti, la presenza di registe donne è del 17% e quella delle drammaturghe è del 14%.
Per non parlare della situazione delle direzioni dei teatri, dove su 25 teatri analizzati solo 6 hanno delle direttrici donne. E per quanto riguarda i Teatri Nazionali, non ce n’è nemmeno una.
3. Quali pensate che siano le cause di questa enorme disparità tra uomo e donna?
Purtroppo viviamo in un mondo pensato da e per gli uomini e la scena alle donne, in tutti i sensi, si è aperta da relativamente poco. Non è semplice perciò, anche per le donne stesse, ritagliarsi la propria legittimità nel mondo del lavoro.
Il teatro poi, ha il grande problema di vivere molto di repertorio, ossia di testi scritti per la maggiore dagli uomini. Da qui anche il nostro nome: Amleto è l’immagine del teatro, un’immagine al maschile. Cosa succede se, anche con ironia, facciamo “un baffo” a quella tradizione?
Essendo attrici, crediamo molto nel potere dell’immagine e della rappresentazione, per cui il fatto di vedere poche donne al potere, o di vedere una narrazione stereotipata e non protagonista delle donne, sugli schermi come sul palco, continua ad alimentare la disparità di genere e anche un senso di inferiorità nelle donne, costrette sempre a dover dimostrare di essere le più brave, come se dovessero continuamente guadagnarsi un posto che non spetta loro.
4. Quali potrebbero essere le soluzioni per riuscire, anche col tempo, a ottenere un sistema più equo?
Intanto acquisire consapevolezza. Rendersi conto che esiste una situazione di disparità è il primo passo per cercare di contrastarla.
Dopodiché, la formazione. Studiare, parlare, leggere, per smettere di dare per scontata una visione patriarcale del mondo con la quale siamo tutte e tutti cresciute e cresciuti.
Con Amleta, fin dal principio, abbiamo creato quelli che chiamiamo “I Mercoledì di Genere”, giorni in cui incontriamo varie personalità che si occupano delle questioni di genere, una sorta di formazione continua di cui ci avvaliamo.
E poi stando insieme, facendo squadra e inventando nuove strategie per pretendere quegli spazi che finora ci sono stati negati. Spazi che dobbiamo pretendere anche per sbagliare, per sperimentare e migliorarci. Essere mediocri è un privilegio riservato solo agli uomini, noi rivendichiamo anche quel diritto.
5. Come avete intenzione di sfruttare i dati della vostra ricerca per contrastare le discriminazioni di genere all’interno del mondo dello spettacolo? Avete dei progetti per dar seguito alla vostra ricerca?
Da quando è nata, Amleta ha tantissimi progetti in cantiere. Siamo tante, sempre di più, e abbiamo intenzione di non fermarci finché non otterremo quello che vogliamo: pari opportunità, una rappresentazione di genere equa e non stereotipata, giustizia per chi si permette di usare il proprio potere per molestare le colleghe.
La ricerca non si vuole fermare qui, e speriamo di poter contare sull’aiuto e l’appoggio di ognuno, perché la discriminazione di genere è una cosa che riguarda e danneggia tutte e tutti.
E poi vogliamo proporre nuove modalità di procedere: Amleta è rete.
Non lasceremo più le colleghe da sole a denunciare discriminazioni o violenze. Una cosa a cui teniamo moltissimo è l’Osservatoria, un canale dove le colleghe possono chiedere aiuto per episodi di violenza che hanno subito nel nostro settore.
Nel nostro mestiere l’utilizzo del corpo è centrale e per questo spesso viene esposto ad abuso, è necessario che le tutele aumentino in questo senso. Noi di certo non ci vogliamo sostituire alla giustizia, ma tentiamo di farci da tramite per aiutare le colleghe e fare loro presente che non sono sole. Non lo sono più.
Quello di Amleta è un progetto che, fin da subito, mi ha interessata. E ciò che più apprezzo di queste lavoratrici è il loro atteggiamento propositivo, la loro voglia di mettersi in moto per cambiare le cose.
Troppo spesso ci capita di lamentarci e basta, sebbene a ragione.
Queste attrici, invece, hanno capito che lamentarsi e basta non serve a niente.
Bisogna agire. Ma anche agire, senza avere un quadro dettagliato della situazione, è fine a se stesso. Si rischia di perdere credibilità.
E così, partendo dalla consapevolezza che capire la radice del problema è il punto di partenza migliore per risolverlo, hanno attivato gli interessantissimi “mercoledì di genere” e hanno in cantiere tanti altri progetti.
Progetti concreti. Non solo parole.
Io, se fossi in voi (uomo o donna, perché la discriminazione di genere non riguarda solo la tipologia di persona discriminata) sarei curiosa di saperne ancora di più… quindi, per chi fosse interessato, ecco la loro pagina Facebook e il loro profilo Instagram.
Concludo, dicendo un GRAZIE enorme a queste fantastiche donne per tutto quello che hanno fatto e hanno intenzione di fare!