Il regista brasiliano dl Teatro C’art di Castelfiorentino parla della sua metodologia di ricerca centrata sulla figura del clown
Oggi Teatro per Tutti intervista il regista brasiliano André Casaca, cofondatore, insieme a Teresa Bruno e Stefano Marzuoli della Compagnia Teatro C’art Comic Education, che dal 2002 porta avanti importanti produzioni teatrali il cui fulcro è la figura del clown, attorno al quale ruota l’intero progetto pedagogico e formativo per l’attore (e non solo) che voglia esplorare la cosiddetta “identità comica del corpo“.

Dal Brasile all’Italia seguendo Yves Lebreton, maestro di teatro corporeo e arte mimica
André, tu sei stato allievo e assistente di Yves Breton, a sua volta allievo del mimo Etienne Decroux, che nel 1981 ha deciso di trasferirsi da Parigi nelle campagne toscan e ha fondato il Centro internazionale di Formazione, Ricerca e Ricreazione teatrale L’Albero.
Ci vuoi raccontare di questo tuo incontro?
“Il lavoro di Yves Lebreton l’ho conosciuto in Brasile nel Lume, che è un centro di ricerca e creazione teatrale che si appoggia all’università di Campinas nella provincia di São Paulo . Era il 1993 e in questo centro in Brasile realizzavo della ricerca guidata da uno dei suoi fondatori, Carlos Simioni.
In quegli anni al Lume si studiava in parte la tecnica di Lebreton, un lavoro che da subito mi ha colpito per la sua grande forza fisico-energetica. Fu allora che scrissi a Lebreton per candidami ai suoi corsi estivi del 1994.
In Italia, durante quei seminari estivi, capii di aver incontrato il tipo di lavoro teatrale che mi provocava una totale identificazione.
Seguii i suoi corsi e dopo l’estate Lebreton mi chiese di seguirlo come assistente tecnico dello spettacolo Flash in un tour per la Francia e la Germania.
Ho passato sei mesi in Italia nutrendomi artisticamente da questo incontro. Rientrai in Brasile e dopo tre mesi ricevetti una lettera di Lebreton che mi invitava a venire in Italia per fargli da assistente alla regia in un suo nuovo spettacolo intitolato Exil. Senza esitare, tornai in Italia ed eccomi qua dopo quasi 30 anni.
Il Lume Teatro in Brasile e Yves Lebreton sono stati i mie riferimenti più importanti e assolutamente necessari nel mio percorso di formazione artistica”.

Teatro C’art, il lavoro fisico dell’attore legato alla comicità del corpo
Com’è nato il progetto Teatro C ‘art?
“Il Teatro C’art è nato nel 2002 dall’incontro con Teresa Bruno e Stefano Marzuoli. Entrambi, nei tre anni precedenti, avevano seguito come allievi della formazione continuata che proponevo a Castelfiorentino al Ridotto del Teatro del Popolo.
Tra noi c’era una profonda intesa a livello artistico e la necessità di condividere un percorso di ricerca sul teatro corporeo e sul clown. In quegli anni il Teatro C’art aveva anche tra i suoi fondatori Diego Conforti e Valentina Chiarugi, che poi negli anni si sono allontanati prendendo strade artistiche diverse della nostra.
Con Teresa e Stefano si svilupparono negli anni vari progetti di ricerca e sperimentazioni che ci hanno portato a sviscerare il lavoro fisico dell’attore legato alla comicità del corpo.
Oggi la Compagnia Teatro C’art è un nucleo stabile di ricerca al quale hanno partecipato e partecipano negli anni altri artisti italiani e stranieri.
Nel corso del tempo ho sviluppato e perfezionato la metodologia Educazione comico-relazionale che viene applicata dalla compagnia in ambito artistico, sociale ed educativo”.
L’educazione comico-relazionale: quando la comicità guida alla scoperta di se stessi
Su cosa si basa la metodologia di “Educazione comico-relazionale” e perché la figura del clown è così importante nella vostra poetica?
“È un metodo che trova la sua centralità nella diversità dell’individuo, operando sulla maturazione dell’identità individuale e sulla relazione tra le persone, credendo questi elementi costruttivi di una pedagogia orientata a valorizzare la ricerca del significato.
Si tratta quindi di un lavoro che modifica l’approccio formativo e favorisce una metodologia che mette al centro l’allievo. E i suoi desideri, le sue motivazioni artistiche, la sua crescita personale usando la comicità come veicolo-guida verso il nucleo del nostro essere.
L’educazione comico relazionale ha le sue radici nella comicità del clown e propone la ricerca e lo sviluppo di percorsi radicati nella de-costruzione della gestualità ordinaria e prevedibile e nell’affermazione di un’identità gestuale lontana dalla rappresentazione.
È in questo tipo di identificazione, che la compagnia trova il fulcro del proprio lavoro comico-corporeo.
La figura del clown si trova quindi centrale perché promuove l’autenticità in scena.
Quando vediamo un clown in scena, ridiamo della sua verità prima di tutto, e non del suo virtuosismo.
È il fallimento l’aspetto che avvicina l’arte del clown all’innocenza, e l’innocenza rende la presenza del clown poetica”.

“La comicità è una conseguenza di un insieme di fattori fisici. Non esiste comicità senza fisicità”
Che rapporto c’è tra fisicità e comicità?
“Per me non esiste una senza l’altra!
La comicità per me è una conseguenza di un insieme di fattori fisici; Il respiro, il gesto, la prontezza e l’abbandono. Tra questi il respiro è ciò che fa fluire tutto ciò e ci porta anche al silenzio e la sospensione che sono altri due aspetti fondamentali della comicità.
Il progetto pedagogico che ho creato e sviluppo tutt’ora con gli attori, infatti si chiama Identità comica del corpo. E sostengo che la risata sia una conseguenza dell’assumere la propria identità fisica, accettarla e svilupparla in base alle proprie possibilità fisiche e gestuali” .
Il Festival Internazionale del Teatro comico e i tre nuovi spettacoli
Parliamo adesso del festival internazionale del teatro comico a Castelfiorentino, nato otto anni fa. Quest’anno al festival hai diretto tre spettacoli in prima nazionale: Lei Lear, Felici per sempre e Juliet. In breve, la genesi di tutti e tre
“Lei Lear è stata una regia collettiva con Julieta Marocco e Chiara Fenizi, e Felici per Sempre è stato creato e diretto insieme a Flavia Marco. Juliet invece è la creazione di Stefano Marzuoli e firmo io la regia.
Sono tre lavori molto distinti tra loro ma che mettono al centro il corpo dell’attore.
In Lei Lear sono entrato a far parte del processo quando le attrici avevano già i personaggi e del materiale in parte strutturato. Il mio contributo è stato quello di seguirle e calibrare l’equilibrio delle due attrici in scena che recitano lo stesso testo contemporaneamente. Qui infatti è la vibrazione del corpo a dare vita alla voce e al testo.

Senza parole, il lavoro in Felici per Sempre, inizialmente, si è basato sulla libera improvvisazione intorno al tema del matrimonio. La ricerca si è incentrata sulla loro possibile dinamica relazionale e di ruolo, sulla loro gestualità e sulla postura di ciascun personaggio di fronte ai primi imprevisti da novelli sposi. Abbiamo, attraverso il gioco, trovato personaggi con i loro contrasti e connessioni, partendo dalla classica postura dell’uomo e della donna di fronte alla loro auto che va in panne in un momento di grande euforia e felicità. La figura del clown rimane di sottofondo ai due personaggi apparentemente naturali e semplici ma, in fondo, folli e assurdi.
Juliet invece è una poesia fisica inspirata a Romeo e Giulietta, un gioco clownnesco che attraversa i protagonisti dell’opera di Shakespeare. Direi quindi che il punto in comune di questi tre spettacoli è l’assurdità, aspetto fondamentale e che rimane sempre di sottofondo nella figura del clown.
La collaborazione con la Scuola di Alessandra Galante Garrone
Vi chiedo anche della collaborazione, tra C’Art e la Scuola di Teatro di Bologna fondata da Alessandra Galante Garrone, danzatrice e autrice del testo Alla ricerca del proprio clown
“La collaborazione con la Scuola di Teatro di Bologna nasce nel 2005, l’anno dopo la scomparsa di Alessandra Galante Garrone . In questi quasi 17 anni di collaborazione continuo a trovare una grande sinergia artistica con Claudia Busi, che è la sua direttrice.
Lavoro con gli allievi del secondo anno e solitamente il lavoro del clown in questo loro momento formativo ha una grande ricaduta sul lavoro della scuola, perché appunto riporta al corpo e alla individualità di ciascun allievo ciò che hanno interiorizzato nell’anno precedente al mio arrivo.
Una collaborazione molto stimolante artisticamente”.
I seminari di C’art in Italia e all’estero
Infine qualcosa sui seminari che stai guidando in Italia e all’estero dal titolo L’identità comica del corpo a cui partecipano spesso anche persone anziane
“I nostri seminari estivi sono indicati a tutte le età. Si tratta di un lavoro in cui l’allievo vieni seguito di modo personale in base alle proprie possibilità. Anche se è un lavoro molto fisico, abbiamo spesso anche degli anziani che per noi sono sempre una grande risorsa. Le settimane residenziali al Teatro C’art sono spesso molto stimolanti proprio perché bilanciano l’incontro di persone di vari luoghi d’Italia e dall’estero”.
Nella cover: André Casaca nello spettacolo Casa de Tabua – photocredit Marco Giovanardi