Teatro per Tutti propone oggi un approfondimento sul teatro di marionette, burattini e di figura, che in Italia vanta un’antichissima tradizione delle famiglie d’arte, dai Colla di Milano ai Sarzi di Reggio Emilia ai Monticelli di Cremona.
Con questa intervista scopriremo che questo tipo di teatro non è destinato unicamente, come molti pensano, ai giovanissimi.
Piemontese di nascita e romagnola di adozione, Roberta Colombo è attrice e direttrice artistica della compagnia del Teatro del Drago, fondata nel 1983 da Mauro e Andrea Monticelli, ultimi due discendenti di quinta generazione.
Dal 2015, inoltre, a lei e alla compagnia è stata affidata anche la direzione artistica del Festival internazionale di teatro di figura, “Arrivano dal Mare”. Un festival che proprio quest’anno ha avuto il privilegio di ospitare nomi di risonanza internazionale come l’artista israeliana Yael Rasooly.

Il teatro di marionette dei Monticelli dalla Repubblica Romana alle rivolte risorgimentali
Iniziamo partendo dalle origini dell’attività teatrale dei Monticelli
“Il capostipite, Ariodante, nasce a Cremona, città del violino e della musica.
Qui il Teatro Concordia dedica una parte consistente della sua programmazione alle marionette. Gli artisti hanno infatti l’opportunità di portare in scena il teatro di Shakespeare o Molière nella versione con le marionette.
L’intensa esperienza della Repubblica Romana favorisce la vivacità intellettuale di cui è ricca la città, ma dura solo 4 mesi e con la restaurazione asburgica, molti artisti sono costretti a fuggire in Piemonte.
Qui inizia un’altra interessante fase del teatro di figura e della famiglia Monticelli, strettamente legata alla storia risorgimentale, con i copioni scritti quasi sempre all’indomani di battaglie ed eventi ufficiali e proprio per questo preziosi anche come fonte storica.
Ma anche lo stile drammaturgico è interessante per la contaminazione con il linguaggio popolare piemontese.
Dopo un lungo periodo a Fiorenzuola d’Adda e poi a Salsomaggiore, alla ricerca di ingaggi, i Monticelli arrivano in Romagna dopo la seconda guerra mondiale. Iniziano a lavorare per le famiglie e per le scuole, perché nel frattempo il gusto del pubblico è cambiato.
Si afferma sempre di più il teatro per ragazzi che diventa nei decenni a seguire l’elemento trainante dell’offerta del teatro di figura e di burattini.
“Il grande equivoco sta nel credere che il teatro di figura, marionette e burattini sia solo per ragazzi”
Ma il grande equivoco sta proprio qui: il teatro di figura è al pari della lirica, della danza e della prosa.
Non si può definire un teatro per ragazzi, anche se quest’ultimo rappresenta un suo importante segmento che si è sviluppato soprattutto in seguito alla riforma scolastica di fine anni Sessanta del secolo scorso che ha valorizzato le potenzialità educative di questo genere teatrale”.
L’innovazione di Andrea e Mauro Monticelli: la tecnica dell’animazione a vista.
Dal punto di vista tecnico quali sono state le innovazioni introdotte da voi rispetto al passato?
“Questi spettacoli, come sai, sono di tre tipi: di marionette tirate da fili, di burattini mossi dal guanto (termine poco amato però dai burattinai!) oppure di pupi.
Il primo si diffonde al nord, il secondo al centro nord e il terzo al Sud.
Una delle più importanti innovazioni della famiglia Monticelli, a partire dagli anni’80, quando al nonno Otello sono subentrati Andrea e Mauro e hanno fondato la compagnia Teatro del Drago, è stata quella di introdurre la tecnica dell’animazione a vista di pupazzi che si muovono e occupano tutto il palcoscenico.
Il primo spettacolo in cui si utilizza questa novità è Nosferatu nel 1986. Ma in realtà le innovazioni erano già state introdotte fin dalla costituzione della compagnia, nel 1983.
Fin da subito il Teatro del Drago, che deve il suo nome alla passione di Mauro per i romanzi di Tolkien, è connotato da due anime, che poi sono quelle dei due fratelli: quella più legata alla tradizione, di Andrea, che prosegue il percorso del nonno Otello, che aveva accantonato il teatro delle marionette per quello dei burattini, e di Mauro, molto più attratto dal teatro di ricerca.
… ma anche l’apertura della “baracca” al pubblico alla fine dello spettacolo
Una prima felice sinergia di queste due tendenze è la decisione di aprire al pubblico la baracca dei pupazzi alla fine dello spettacolo per continuare a raccontare.
E così creano uno spettacolo dentro lo spettacolo.
La prima opera dei fratelli Monticelli ad andare in scena nel 1983 si intitola “l rapimento del principe Carlo” che racchiude già il concetto di spettacolo che è diverso ogni volta che viene riproposto, seguendo le spinte innovative del periodo.
Spettacoli come l’Asino d’oro, basato sull’opera di Apuleio, risentono invece maggiormente della tradizione.
Il Teatro del Drago, inoltre, ama moltissimo il teatro delle ombre e da anni collaboriamo con Teatro Gioco Vita di Piacenza che al riguardo è un’eccellenza a livello nazionale ed europeo”.
Qual è invece l’approccio alle nuove tecnologie?
“Il teatro di figura si amalgama perfettamente anche a questo tipo di modalità espressiva.
In realtà, tutto ciò che è movimento, è materiale per il teatro di figura, laddove non sia l’attore, ma l’oggetto ad essere protagonista. Il potenziale creativo del teatro di figura è enorme, di certo non aiuta considerarlo, come si fa in Italia, separatamente dagli altri comparti del teatro come la danza, la prosa, l’opera”.

Il Festival Arrivano dal Mare con 170 richieste da tutta Europa e la partecipazione di Yael Rasooly
Veniamo al Festival Arrivano dal Mare, attualmente in corso tra la riviera e la provincia romagnola. Quante richieste sono pervenute e qual è la provenienza?
“Quest’anno abbiamo ricevuto 170 richieste da compagnie provenienti da tutte le regioni italiane. MA molte richieste sono arrivate anche Spagna, Ungheria, Grecia, Belgio.
E quest’anno possiamo vantare anche la partecipazione dell’attrice, cantante e burattinaia israeliana Yael Rasooly, che ha portato in scena due spettacoli. Il primo è The Gramophone Show, che ha aperto il festival il 20 maggio. Accompagnata solo dal suo grammofono, ci ha portato nelle atmosfere degli anni ’20 e ’40 con un repertorio di brani classici cantati in inglese, francese e yiddish.
Il secondo spettacolo, invece, Silence Makes Perfect, tratta lo scottante tema dell’abuso sessuale, ma con estrema delicatezza.
Yael è una persona di straordinaria umanità e di grandissimo talento. Da tempo cercavo di riuscire ad ospitarla nel nostro festival che vuole essere un vero e proprio contenitore culturale, con incontri, convegni e workshop per tutti gli appassionati.
Ad esempio, abbiamo reso omaggio al grande burattinaio Otello Sarzi nel centenario della nascita il 28 maggio, con una tavola rotonda organizzata in collaborazione con la sua famiglia e con la Rete dei Musei di Teatro di Figura dell’Emilia-Romagna.
Vogliamo che sia un’occasione di arricchimento e di confronto, oltre che una vetrina dove anche le piccole realtà possono proporsi, perché in Italia non ci sono molti festival dedicati al teatro di figura”.
Tra le particolarità di questi spettacoli ci sono anche le influenze delle tradizioni di altri Paesi, pensiamo ad esempio al teatro diffuso che si rifà al Kamishibai giapponese. Di cosa si tratta?
“Il Kamishibai è un teatro di origine orientale che consiste nel portare in giro gli spettacoli con la bicicletta, di qui la trasformazione del titolo in Kamishibike della compagnia friulana CTA che ha proposto questo teatro itinerante” .

Altri tre spettacoli che vorremmo citare sono quello della compagnia toscana Coppelia Theatre che rievoca la misteriosa morte della bimba albina Azzurrina di Montebello affrontando il tema dell’isolamento e della diversità. Poi il Dialogo della morte dei sardi Mascareddas e infine, dalla Danimarca, il tetro The House. ll tema della morte è molto presente in questa edizione… per via del periodo che stiamo vivendo, tra Covid e guerra?
“No, non è legato al momento che stiamo vivendo. Le marionette e i burattini, da sempre, come la fiaba, trattano il tema della morte. La morte fa parte della vita e non dovrebbe essere nascosto, ignorato. Al contrario, nella patinata società contemporanea sempre più spesso questo aspetto viene nascosto. La nostra società sembra volerci proteggere dalle nostre paure più profonde. E lo fa con pratiche di finta inclusività, che in realtà non proteggono da nulla, ma censurano aspetti della vita che non possiamo ignorare: morte, crisi economica e sociale, diversità.
Alla fine ci si convince che questi problemi non esistono semplicemente perché non se ne parla.
Ma Il teatro di figura che è molto legato alla civiltà contadina e al suo mondo arcaico, magico, con fantasmi, streghe, lo fa da sempre e continuerà a farlo.
Il legame tra mondo della fiaba e la civiltà contadina
Non si può di punto in bianco, come già anticipava Pasolini, metterci una pietra sopra e far finta che questa cultura contadina di leggende, miti, rituali, non sia mai esistita e sostituirla con una mentalità industriale, consumistica ed efficientista, come si è cercato di fare nel secondo ‘900.
Se nel passaggio dall’una all’altra civiltà non c’è una gradualità, una mediazione, ignorando completamente quello che è stato il substrato culturale della civiltà precedente, si crea un pericoloso vuoto.
La guerra attuale in Europa è la risultante di questa voragine che si è creata, in cui l’economia ha preso il posto della cultura.
Ma se le persone ragionano solo in termini di convenienza economica e non c’è un dialogo sulle culture differenti, è più facile sconfinare immediatamente nel conflitto”.
Riguardo gli spettacoli del Teatro del Drago. Quali sono quelli a cui siete più affezionati?
“Sicuramente quelli citati prima, “Il rapimento del principe Carlo”, “Nosferatu” e l’ “Asino d’oro”, ma anche Pinocchio, che il febbraio scorso è stato riallestito e portato in tournée con 6 spettacoli che hanno raggiunto le 1500 repliche in 4 continenti”.
Per diventare burattinai che formazione occorre? Cosa consigliereste a chi volesse intraprendere questa esperienza ma non proviene da una famiglia d’arte?
“Questo è stato uno dei temi dei convegni di questa edizione. Ci siamo confrontati, attraverso gli incontri con i rappresentanti della tradizione bolognese, lombarda e napoletana, le tre principali.
In realtà, se non si proviene da una famiglia d’arte, si deve “andare a bottega”, non c’è un’Accademia.
Ma sono sempre di più le richieste di poter frequentare una scuola e così, tre anni fa, è nato il Corso di Alta Formazione AniMateria con sede a Piacenza, anche se le lezioni si svolgono anche in Romagna, a Gambettola. E’ un’iniziativa nata da Teatro de Drago di Ravenna, Teatro Gioco Vita di Piacenza e Fondazione Simonini di Reggio Emilia.
Ogni anno vengono selezionati 16 ragazzi/e che seguono il corso coordinato da Fabrizio Montecchi e finora la maggior parte di loro ha trovato lavoro nel settore teatro o ha fondato una sua compagnia”.
Il percorso di Roberta, da attrice a specializzata in management di spettacoli dal vivo
Veniamo a te, Roberta, come e quando hai iniziato a lavorare con il Teatro del Drago e cosa ti affascina del mondo dei burattini e del teatro di figura?
“Io nasco come attrice, mi laureo al Dams di Bologna con una tesi sul teatro del’700 con relatore il drammaturgo Giuliano Scabia e co-relatore Gerardo Guccini.
E nel 1988, dopo un provino, inizio a lavorare nelle compagnie di teatro per ragazzi.
Nel 1996 entro nella compagnia Drammatico Vegetale poi in Accademia perduta di Claudio Casadio.
Con loro seguo un master in gestione d’impresa per gli spettacoli da vivo e inizio così a impratichirmi anche dell’aspetto organizzativo degli spettacoli.
In seguito, nell’ambito di un’esperienza con la casa di produzione Ravenna Teatro, con cui ho partecipato al Ravenna Festival, ho conosciuto la realtà del Teatro del Drago e ho iniziato a lavorare per loro sia come attrice che come interprete, dopodiché ho iniziato ad occuparmi anche dell’organizzazione.
È un lavoro che mi appassiona e per questo non trovo assolutamente noioso l’aspetto organizzativo, anzi essendo anche attrice, ne conosco più in profondità i meccanismi e le problematiche”.