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Strehler, Brecht e Martinelli, tre registi legati a quel 14 agosto…

Strehler, Brecht e Martinelli, tre registi legati a quel 14 agosto…

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Il 14 agosto 1921 nasceva Giorgio Strehler.

In occasione del centenario ricordiamo la figura del regista e attore che insieme al tedesco Bertolt Brecht è considerato tra i padri del teatro del Novecento.

Dalla fondazione del Piccolo Teatro di Milano, nel 1947, insieme a Paolo Grassi e Nina Vinchi, primo teatro stabile in Italia, all’Arlecchino servo di due padroni interpretato da Ferruccio Soleri che rimane tutt’oggi la commedia italiana più rappresentata nel mondo.

Da Pirandello a Shakespeare, da Camus a Brecht, nei suoi spettacoli il punto fermo rimane la ricerca di un teatro mai statico o celebrativo, ma sempre calato nel presente.

L’attualità di Strehler oggi

Cogliamo l’occasione per approfondire l’attualità di Strehler nel teatro di oggi, attraverso il contributo di un regista che ha iniziato il suo percorso proprio dopo aver visto il Re Lear diretto da lui: Marco Martinelli, emiliano di nascita e romagnolo di adozione, fondatore, insieme ad Ermanna Montanari della compagnia Teatro delle Albe, nel 1983.

Strehler e Martinelli nati il 14 agosto. Ma c’è anche Brecht…

Strehler e Martinelli sono legati anche dalla data di nascita:

“Il 14 agosto è un giorno particolare – racconta il regista – . Non solo ci è nato Strehler, il 14 agosto 1956 è morto Bertolt Brecht. Lo stesso giorno, 14 agosto 1956, sono nato io… e siccome lo spettacolo che mi affascinò e mi fece pensare che proprio ‘quello’ volevo fare nella mia vita fu un Re Lear di Strehler, visto nel lontano 1972, quando ero un adolescente… e siccome Brecht è stato, alle origini del mio teatro, una figura ‘paterna’ che mi generava attrazione, ma anche rifiuto….e siccome Strehler è stato, all’inizio, il portavoce ufficiale di Brecht in Italia… Beh, diciamo che attorno a quel 14 agosto si stringono tanti nodi e diverse vite…”.

A 200 anni dalla morte di Goldoni, arriva sul palco l’Arlecchino senegalese.

Il Teatro delle Albe fin dall’inizio rifiuta l’idea del teatro come mera riproduzione dell’opera nell’epoca in cui è stata scritta. Il teatro è vita e per questo, creazione ininterrotta. Soprattutto, vive nel presente.

Capiamo allora come nel 1993, bicentenario della morte di Carlo Goldoni, Martinelli debutti al Teatro Rasi di Ravenna con un’opera dedicata alla maschera di Arlecchino completamente stravolta.

Prima di tutto non si ispira all’opera più conosciuta ma ad una sua bozza, scritta nel 1763 e ritrovata tra gli scritti del commediografo veneziano, che gli ispira I ventidue infortuni di Mor Arlecchino.
Alle maschere di Pantalone e del Balanzone, Martinelli toglie l’apparenza bonaria e ne enfatizza i tratti negativi, rendendoli simili a orchi cannibali.

Ad accentuare il carattere bizzarro di questo Arlecchino, la scelta dell’attore, Mor Awa Niang, immigrato arrivato in Italia che dopo aver sbarcato il lunario come venditore ambulante, incontra il teatro e si riscatta recuperando le sue radici di “griot“, cantastorie della tradizione senegalese.

Nascono i tre atti impuri, dove si parla di potenti e di dannati, di chi esercita il potere e di chi lo subisce.

Patrocinio di Strehler sull’opera di Martinelli. L’esperienza al Piccolo.

L’opera viene apprezzata per il suo carattere innovativo in Italia e all’estero. Fino a quando, nel 1997, Strehler le dà il suo patrocinio e va in scena al Piccolo di Milano dal 9 al 21 dicembre.

Martinelli dedica uno scritto, il 1° gennaio 1998, a questa esperienza, dove in pochi giorni si incrociano piccoli e grandi eventi della storia contemporanea.

Quelle due settimane fra le lettere, il trasloco e l’attentato

C’è il trasloco in corso della sede del Piccolo da via Rovello a largo Greppi, appena la compagnia arriva per le prove dello spettacolo, una delusione.

Palazzo Carmagnola infatti, rappresentava il riscatto di un luogo in cui durante la guerra i fascisti torturavano i prigionieri.

C’è Strehler che insiste per fare un’ultima riunione lì, con le stanze già tutte svuotate. La lettera che Martinelli gli scrive raccontandogli di quel magnetico Re Lear.

C’è l’accoglienza tiepida del pubblico milanese, poi la svolta, il 13 dicembre.

Lo spettacolo festoso infatti viene interrotto dall’annuncio di una bomba all’interno del locale.

Costretti a uscire fuori, al freddo, tra il Duomo e il Castello sforzesco, allo spettacolo non vogliono rinunciare né spettatori né la compagnia. La musica quindi continua con tamburi, lama e sax e quando il pericolo è scongiurato, si torna dentro a finire in gloria.

La morte di Strehler pochi giorni dopo

Una volta tornato a Ravenna, Martinelli avrebbe voluto scrivere un’altra lettera al regista chiedendogli che il Piccolo non diventasse una ruota di scorta o un inutile cimelio, ma non lo fa perché arriva la notizia della morte, il 25 dicembre 1997.

Al funerale, conclude, gli sembra di assistere ad una sua ennesima regia, con il feretro nel teatro da cui aveva appena traslocato e la musica in sottofondo.

“Mi risuonarono in testa, mescolate alle note di Mozart, le parole di Lear sulla morte, quelle sentite per la prima volta da Tino Carraro all’Alighieri di Ravenna, quando avevo 16 anni, mentre avanzava sulla scena portando in braccio il cadavere di Cordelia”.

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