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La Quarantena in scena

La Quarantena in scena

Indice dell'articolo

Probabilmente sarà capitato anche a te, qualche volta, di non saper bene che cosa fare durante queste lunghe giornate di quarantena… Sicuramente c’è chi si è buttato a capofitto nel fitness, chi invece passa il proprio tempo in cucina a sperimentare nuove ricette… Se invece sei come me, un gran pigrone con davvero poca attitudine per le arti culinarie, allora ti potrebbe essere capitato di leggere libri in quantità industriali.

Ebbene giorni fa, mentre consultavo la mia libreria alla ricerca di un nuovo libro da divorare, mi è venuta la voglia di leggermi qualcosa in cui i protagonisti vivono una realtà simile a quella che oggi stiamo vivendo. Ed è così che il mio sguardo è caduto su due titoli: “Finale di partita” di Samuel Beckett e “Tre sull’altalena” di Luigi Lunari.

In entrambe queste opere teatrali i protagonisti sono costretti, loro malgrado, a rimanere in un luogo chiuso perché è impossibile o è vietato stare all’aria aperta. Non proprio una quarantena, ma comunque delle situazioni per certi versi assimilabili alla nostra attualità casalinga: dover restare in casa nostro malgrado, perché uscire fuori è rischioso.

 

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Finale di partita, di Samuel Beckett

Questa è una delle opere teatrali più conosciute di Samuel Beckett.

È un atto unico che l’autore di Dublino ha scritto tra il 1955 e il 1957, in francese. Come era solito fare, Beckett ne curò anche la traduzione in inglese poco più tardi.

La trama di “Finale di Partita”

I protagonisti di “Finale di partita” sono essenzialmente Hamm e Clov. Ma partecipano alla vicenda, sebbene per poco tempo, anche i vecchissimi genitori di Hamm, Nagg e Nell.

Tutti e quattro i personaggi sono costretti, loro malgrado, a vivere all’interno di un ambiente spoglio e modesto, che potrebbe essere una sorta di rifugio antiatomico.

Ognuno di loro, inoltre, sembra vivere una sorta di patologia: Nagg e Nell sono entrambi senza gambe e perciò vivono dentro due bidoni della spazzatura. Hamm è cieco e infermo, costretto su una sedia a rotelle. Clov, il più giovane dei quattro, è vedente e può camminare, tuttavia sembra impossibilitato a stare seduto.

Come forse puoi intuire da queste poche righe, la situazione raccontata è decisamente insolita e fuori dagli schemi.

D’altronde, anche gli stessi personaggi sono persone particolari, che assumono comportamenti strani e che hanno un atteggiamento ambiguo nei confronti della vita e della realtà che li circonda.

Fin dalle prime battute dei personaggi, si intuisce infatti che all’esterno di questa sorta di bunker c’è un ambiente ostile, poco adatto alla vita.

Un ambiente da cui i quattro personaggi, appunto, sembrano volersi riparare e nascondere, in attesa forse che le condizioni esterne possano essere migliori per tornare ad uscire.

I nostri quattro personaggi, parlando tra loro, evocano un passato in cui la vita era diversa, forse migliore e sicuramente più simile ad una esistenza che siamo abituati a conoscere.

Soprattutto Nagg e Nell sembrano avere una forte nostalgia della vita che fu, tanto che ricordano quasi con piacere una loro vecchia gita in tandem dove entrambi hanno perso le gambe.

Tuttavia anche Hamm, e in minor misura Clov, nei loro discorsi sconclusionati e assurdi fanno riferimento ad una vita passata.

Una vita all’esterno di quella stanza grigia e spoglia dove sono costretti a vivere. Una vita che sembra essere lontana e che difficilmente potranno tornare a vivere.

Ne consegue che la loro vita attuale è una sorta di non-vita, scandita da giornate tutte uguali a da ritmi, quasi rituali, che si ripetono ogni volta sempre allo stesso modo.

Ad ogni modo, come anche sembra suggerire il titolo stesso dell’opera, tutto questo sta per finire. Clov è infatti intenzionato ad andarsene e sembra non essere più disposto a far da servo ad Hamm, l’unica persona nella sua esistenza che più assomiglia ad una figura paterna.

Ma cambiare vita, uscire da quella stanza per andare all’esterno non è così semplice. E alla fine dell’opera non è così scontato che Clov abbia davvero il coraggio di andarsene.

Hamm, dal canto suo, per gran parte della vicenda sembra voler rimandare l’eventuale partenza di Clov… tuttavia alla fine, pare capire che la dipartita del ragazzo è qualcosa di inevitabile e sembra accettarla senza troppa disperazione, quasi rassegnato.

D’altro canto ha già accettato la morte dei suoi genitori senza batter ciglio, senza mostrare alcuna emozione… Come se tutto ormai gli fosse indifferente.

Che cosa mi ha comunicato “Finale di partita”

Avevo già letto quest’opera durante il mio primo anno all’università per motivi di studio e devo dire che oggi l’ho apprezzata molto di più.

E forse sono riuscita a comprenderla maggiormente, grazie ad una matura e diversa visione della vita e della realtà.

“Finale di partita” è un testo teatrale in cui Samuel Beckett rende un po’ difficile la vita allo spettatore. Non solo la situazione raccontata è strana e difficile da capire, così come è difficile comprendere gli stessi personaggi, ma anche quel che dicono risulta a tratti quasi incomprensibile… soprattutto se si affronta questo testo con superficialità.

In “Finale di partita” i dialoghi non sono mai fine a se stessi e nascondono un secondo significato.

Per riuscire a capirne o quanto meno a intuirne il senso, bisogna andare oltre alla loro assurda ripetitività.

E sotto questo punto di vista, merita una riflessione anche il titolo stesso “Finale di partita”.

Innanzitutto è bene sapere che con questo termine si indica la fase finale di una partita di scacchi, gioco di cui Samuel Beckett era un grande appassionato.

In questa ultima fase di gioco, sulla scacchiera sono rimasti poche pedine e il giocatore esperto sa quando smettere di giocare… Sa cioè quando non può far niente per ribaltare le sorti della partita e vincerla. L’inesperto invece, continua a provare a vincere, anche quando la sconfitta è inevitabile.

A ben vedere quindi, lo stesso titolo contiene una sorta di “spoiler” e ci dice fin da subito che qualcuno è destinato a perdere la partita.

E la partita giocata dai protagonisti di Beckett è quella della vita. O meglio della sua comprensione.

Tutta la vicenda infatti mi sembra che suggerisca una riflessione sul significato della vita, del suo trascorrere inesorabile.

Come a Nagg e Nell,  capita anche a noi di rifugiarci nel nostro passato, di considerare quel che c’è stato prima migliore di quel che viviamo ora. D’altronde, quante volte si sentono discorsi nostalgici, in cui il prima sembra essere sempre migliore rispetto al presente?

Ma Beckett ci sfida e ci chiede se davvero le cose stanno così. Se è vero che il passato è sempre migliore del presente.

E inoltre, ci dona una visione davvero poco rosea del futuro, in cui tutto sembra essere molto incerto. E lo fa con il suo tipico cinismo che si manifesta attraverso un’ironia irriverente e che svela, in ultima analisi, un forte pessimismo.

Del resto, se consideriamo il periodo in cui Beckett ha scritto questa opera teatrale, gli anni cinquanta, il suo pessimismo è del tutto comprensibile.

Era da poco terminato il secondo conflitto mondiale. Il mondo era ancora turbato e scosso dall’orrore di una guerra totale e dal terribile spettro del nazifascismo, sconfitto da poco. Intere città erano distrutte. Essere ottimisti in quel periodo deve essere stato davvero difficile.

E oggi con questa pandemia in corso, che sta scuotendo l’economia mondiale e che miete tantissime vittime, è altrettanto difficile guardare al futuro con ottimismo. Le certezze di molte persone non sono più tali e la precarietà e la paura la fanno da padroni. L’unica verità è che bisognerà rimboccarsi le maniche non appena il virus sarà sconfitto.  E sicuramente bisognerà fare tesoro di quanto stiamo vivendo, in modo da rendere ancora migliore la nostra vita post pandemia.

 

Tre sull’altalena, di Luigi Lunari

Questa è probabilmente la commedia teatrale più conosciuta di Luigi Lunari.

Scritta nel 1990, è stata tradotta in tantissime lingue e rappresentata, ancora oggi, in Italia e all’estero.

La trama di “Tre sull’altalena”

Protagonisti della vicenda sono un Commendatore, un Capitano e un Professore. I tre si trovano nello stesso luogo per motivi differenti.

Il Commendatore ha appuntamento con una signora per un incontro galante, perciò è convinto di essere in una pensione.

Il Capitano deve acquistare una sorta di materiale bellico top secret, per cui pensa di trovarsi in un ufficio.

Il Professore deve ritirare le bozze di stampa di un suo libro, per cui crede di trovarsi nella sede di un editore.

Ben presto i tre uomini si rendono conto di non trovarsi esattamente dove sono convinti di essere e dopo un primo comprensibile smarrimento, intuiscono che quel luogo è solo apparentemente “normale”.

In verità, fatti ambigui e coincidenze strane rendono quella stanza davvero misteriosa. Come se non bastasse, scatta il coprifuoco anti inquinamento e sono costretti, loro malgrado, a rimanere una notte intera in quella strana stanza, che ancora non riescono bene a definire che cosa sia.

Con il trascorrere del tempo, costretti ad una convivenza forzata, i tre uomini iniziano ad avere il terribile sospetto che quella non sia una stanza ma, bensì, una sorta di purgatorio. E così iniziano a sospettare di non essere neanche vivi, ma di essere morti.

Di fronte ad una eventualità tanto sconvolgente, i tre uomini reagiscono in modo totalmente differente.

Il Commendatore è angosciato e spaventato, mentre il Capitano sembra essere del tutto indifferente alla questione e poco sembra importargli di poter essere effettivamente morto. Il Professore, dal canto suo, tenta di analizzare l’assurda situazione che stanno vivendo con razionalità per trovare una spiegazione logica.

Inutile dire che gli scontri verbali tra i tre uomini sono inevitabili e decisamente spassosi!

L’apparizione poi di un’inafferabile donna delle pulizie, invece di rendere più chiara la strana circostanza in cui si trovano i tre uomini, sembra infittire maggiormente il mistero intorno a ciò che stanno vivendo.

La donna, infatti, pronuncia parole che suonano incomprensibili ai protagonisti, aumentando l’inquietudine dei loro stati d’animo.

 

Che cosa mi ha comunicato “Tre sull’altalena”

Con “Tre sull’altalena” è stato amore a prima vista! Ho amato questa commedia fin dalle prime battute e me la sono letta tutta d’un fiato!

“Tre sull’altalena” è infatti il tipo di opera teatrale che più preferisco. Ti fa sorridere ma allo stesso tempo riesce anche a farti riflettere su questioni importanti.

Nel corso della vicenda, i tre protagonisti affrontano infatti diverse tematiche: la paura della morte e dell’ignoto, nonché la casualità della vita. Parlano anche di religione e di ateismo, e quindi del libero arbitrio e della presenza o meno di un aldilà.

Il tutto affrontato con una ironia fresca ma intelligente e non priva di citazioni letterarie interessanti, primo fra tutti il mio amato William Shakespeare.

Inutile dire che, finito il libro, anche io mi sia fermata a pensare su tali questioni metafisiche, più grandi di tutti noi.

Mi sono interrogata sul mio rapporto con la religione e  soprattutto con la morte… Che sì, certo è inevitabile, ma anche così spaventosa ai miei occhi. E così attuale a causa di questo odioso covid-19.

Luigi Lunari con il suo “Tre sull’altalena” mi ha quindi fatto riflettere sul significato della nostra esistenza, di come ci si affanni a programmarla anche se poi, a volte, basta che una singola cosa non vada secondo i nostri piani, per rendere tutto destabilizzante e vano.

Quasi sicuramente, tutte queste riflessioni scaturiscono anche in seguito al momento storico che stiamo vivendo sulla nostra pelle in questi giorni, tuttavia Lunari ha il pregio di farmele affrontare con un pizzico di ironia e quindi con maggior coraggio e determinazione… E di questo non posso che ringraziarlo.

Conosci altre opere teatrali sulla Quarantena?

Se ancora non hai avuto modo di leggere queste due opere, ti suggerisco di farlo al più presto perché sono davvero interessanti, seppur molto differenti tra loro.

Sono davvero curiosa di poter leggere, in futuro, qualche romanzo o opera teatrale ispirata a quello che stiamo vivendo, ma nel frattempo vorrei sapere cosa pensi tu di “Finale di partita” e di “Tre sull’altalena”

E dato che mi piace un sacco leggere, scrivimi nei commenti se conosci opere teatrali  o racconti di argomento simile, che provvederò a leggerli al più presto… Al prossimo articolo!

 

 

 

 

 

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